Quando la domotica rende gli anziani più sicuri nelle loro case

Sul territorio di Lecco, progettati insieme agli anziani i sensori per monitorare i loro movimenti e soccorrerli nell’emergenza

Data di pubblicazione: 7 Novembre Nov 2017 1015 07 novembre 2017
Anziane

Può una persona anziana continuare a vivere da sola anche quando l’autonomia inizia a venire meno? Sì, se a coniugare sicurezza personale e tranquillità dei familiari ci pensa la domotica. Ne è la prova il successo del sistema tecnologico d’avanguardia sperimentato nel territorio di Lecco grazie al progetto Living Land, sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo. L’iniziativa è stata avviata a partire da quanto emerso dall’attività dei “Living Lab”, momenti di confronto in cui istituzioni pubbliche, realtà non profit e famiglie si sono confrontate e messe in gioco per pensare a risposte innovative su alcuni bisogni particolarmente critici, quale quello della sicurezza degli anziani autosufficienti. Da questa sollecitazione è partita da febbraio 2016 la costruzione del servizio, che ha visto concludere una fase pilota:

sono stati infatti individuati e coinvolti, in stretta collaborazione con case di riposo, servizi comunali e cooperative sociali, 21 anziani e relative famiglie per coprogettare e testare insieme all’azienda fornitrice, dei nuovi strumenti di sensori ad alta tecnologia utili a monitorare gli spostamenti delle persone nelle proprie abitazioni.

«Una delle scelte più dolorose per le famiglie è la decisione di trasferire i membri più anziani nelle case di riposo», spiega Stefania Buzzetti, referente della cooperativa sociale L’Arcobaleno, ente che gestisce la parte di Living Land relativa agli anziani. «Spesso gli ultraottantenni continuano a mantenere un alto grado di autosufficienza, ma restare soli per tante ore al giorno non li fa sentire sicuri. Una semplice caduta può avere effetti gravi, così come un malore». Per chi vive solo, infatti il rischio è quello di non riuscire nemmeno a chiedere aiuto nell’emergenza. Allo stesso tempo, però i familiari spesso vivono lontani o lavorano molte ore al giorno e non possono farsi carico di un monitoraggio costante dei genitori, degli zii e dei nonni. «La scelta di trasferire le persone nelle strutture protette, è obbligata nella maggior parte dei casi». Da qui l’importanza della domotica che, grazie ad un sistema di sensori, permette un monitoraggio costante. «Abbiamo inserito la tecnologia nelle abitazioni di diciotto donne e tre uomini del territorio, tutti tra gli ottanta e i novant’anni. L’obiettivo è proprio offrire alle persone gli strumenti per fare sì che possano rimanere a casa fino a quando il proprio grado di autosufficienza lo permetta, evitando, o almeno posticipando, il trasferimento in una casa di riposo», continua Buzzetti. «In questo, la domotica è davvero preziosissima. Con una centralina e vari sensori posti su diverse pareti dell’appartamento ma anche sulla porta d’ingresso e sul frigorifero, si possono personalizzare e poi rilevare i movimenti e i comportamenti alimentari delle persone, permettendo ai familiari di entrare in azione quando ce n’è bisogno, stando tranquilli ed “esserci” sempre, anche a distanza ». Segnali letti dal sistema come “fatti anomali” possono essere una lunga permanenza in bagno o l’assenza di movimenti nell’abitazione e che possono indicare una caduta o un malessere dell’anziano.

«All’inizio, per alcune persone, le lucine dei sensori erano sembrate un’invasione della privacy, ma tutti sono stati rassicurati del fatto che ad essere monitorati fossero solo gli spostamenti, non ci fossero videocamere, né riprese video», spiega Buzzetti. «Nel giro di poche settimane tutti si sono convinti dell’utilità di questa tecnologia, anche grazie alla collaborazione dei familiari, che si sentono molto più tranquilli.

Adesso le lucine per gli anziani sono percepite come garanzia di sicurezza, una sorta di compagnia costante che li aiuta a sentirsi più sereni».

Per Annamaria è proprio così. 85 anni, vedova e due figli che vivono lontani, spiega questa nuova presenza in casa come qualcosa che la fa sentire meno sola: «Se mi muovo dopo un certo periodo di tempo in cui sto immobile, la luce si accende. Per me è una compagnia». A rendere la tecnologia estremamente semplice, il fatto che non richieda nessuna azione da parte degli utenti, come spiega Antonino, tra i primi a sperimentare il sistema. «È come una medicina per stare meglio e sentirsi più sicuri, ma la cosa bella è che i sensori sono lì e io non devo fare niente, è comodissimo. ». Un grande vantaggio questo, anche secondo Paolo dell’Oro, referente del progetto.

«A differenza di tutti gli altri sistemi di sicurezza a distanza, che richiedevano un’azione da parte dell’anziano, come ad esempio spingere un bottone, per dare l’allarme, qualora si sentisse poco bene, questo sistema è diverso», spiega dell’Oro. «L’anziano non deve fare nulla. Si tratta di un sistema di tipo passivo, per questo è facilissimo da adottare. Costruisce una mappa delle abitudini della persona ed invia una segnalazione quando registra un’anomalia. Se il sistema, ad esempio, registra che solitamente l’anziano alza le tapparelle sempre alla stessa ora e una mattina tarda di molto a farlo, viene inviato un segnale di allerta, così da indicare ai familiari che c’è qualcosa di strano».

Dopo questa fase di disegno e di test, terminata prima dell’estate, il sistema è pronto per essere diffuso a livello provinciale. L’obiettivo è arrivare a coinvolgere 100 famiglie entro la primavera. A questo fine verrà promosso un bando per individuare le famiglie interessate; i comuni del territorio, attraverso l’ambito distrettuale, hanno condiviso la bontà di tale azione innovativa utilizzando fondi dedicati al welfare degli anziani per contribuire all’abbattimento dei costi.