C’è un welfare nuovo che prende forma. A Brescia pubblico e privato giocano la stessa partita dell’assistenza ai bisogni della comunità. Se infatti è vero che Brescia è una città ricca di servizi (oltre 700) e di realtà (più di 300 soggetti) che gestiscono il welfare è vero anche che una buona fetta di risorse economiche proviene da fonte privata. Il welfare cittadino si stima che nel 2016 sia pesato per 173 milioni di euro. Di questi, 71 milioni, cioè il 41 per cento, è completamente a carico di famiglie e privati. A queste risorse economiche si devono aggiungere quelle non ancora stimate portate dal volontariato. Una dinamica, quella dell’ormai necessaria collaborazione tra pubblico e privato per il welfare della città, sulla quale l’amministrazione comunale sta costruendo il progetto Brescia Città del Noi sostenuto nel programma “Welfare in azione” di Fondazione Cariplo, con il quale a Brescia si stanno ripensando in chiave comunitaria attività specifiche rivolte all’infanzia, agli anziani, ai disabili e ai giovani.
L’apporto del privato non dovrà mai venire meno così come quello pubblico. La spesa comunale (totale spesa effettiva) nel 2016 ha registrato un più 10 per cento passando dai 29 milioni del 2013 ai 33 dello scorso anno. «Nei prossimi anni», ha sottolineato Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, «vedo un allungamento degli investimenti pubblici per rendere il welfare ancora migliore». La fotografia che emerge dal Bilancio Sociale Partecipato 2016 del Comune di Brescia parla di 318 erogatori di welfare (associazioni, cooperative, enti ecclesiastici, fondazioni ecc..) oltre al Comune per un totale di 767 servizi. I minori sono il target verso il quale c’è la maggiore offerta senza però dimenticare gli adulti, i disabili, gli anziani e il lavoro.
La distribuzione territoriale dei servizi è abbastanza omogenea ma rimangono ancora delle zone scoperte. «Mi vengono in mente per esempio», ha sottolineato il sindaco, «alcune zone ovest della città che hanno una risposta residenziale per anziani non ancora adeguata rispetto ad altre».
Il 6 per cento dei servizi sono di gestione comunale (5.300 i cittadini seguiti) mentre il resto lo gestisce il terzo settore. «Imparare a percepirsi come integratore di servizi e non solo come erogatore di interventi», ha precisato Felice Scalvini, assessore al Welfare, «è ancora la sfida più difficile per l’Ente ma è anche l’unica possibile».
E qui entra in gioco Brescia Città del Noi, un progetto condiviso tra Comune di Brescia e un’ampia rete di attori pubblici e privati della città, tra i quali Auser, Cooperativa Co.Librì, Centro Studi Socialis, e le università cittadine, e che ha come obiettivo una riconfigurazione del ruolo dell'ente pubblico e delle relazioni tra soggetti pubblici e privati del welfare, e creando un'infrastruttura generale per le attività e i servizi concreti svolti sul territorio.
Motore importante di questa rete sonoi punti di comunità, avviati in questo ultimo anno. «Sono spazi di socialità e prossimità, progettati e gestiti in collaborazione con le realtà del quartiere e il coinvolgimento degli abitanti; il ruolo dei punti di comunità è di individuare, promuovere e coordinare le risorse aggregative e di aiuto informale del quartiere;al momento ne sono stati attivati quattordici e altri due sono in fase di apertura.
L’obiettivo è arrivare ad aprire un punto in ognuno dei 33 quartieri di Brescia; l’idea infatti è quella di utilizzare questi punti anche come motori di creazione di legami tra gli abitanti, combinando aiuto e sostegno verso i cittadini con forme di solidarietà, protagonismo e partecipazione. In ogni spazio viene attivato uno sportello gestito da volontari e aperto un minimo di sei ore a settimana, a cui si possono rivolgere i cittadini che hanno bisogno di informazioni, facilitando l’accesso ai servizi», sottolinea Francesca Megni, responsabile dei servizi sociali territoriali della zona ovest della città. «Sono nati per offrire un servizio migliore ai cittadini», aggiunge. È proprio questo quello spiegato dal referente del Punto di Comunità del Villaggio Prealpino che, con le associazioni del territorio, ha portato avanti un lavoro specifico sugli anziani over 75. «L’obiettivo è aiutarli a sviluppare soluzioni in grado di rispondere ai loro bisogni».
Veri e propri snodi di energie per sprigionare le potenzialità già presenti sul territorio in collaborazione con i servizi sociali comunali i punti di comunità non servono solo ad aiutare gli anziani, come spiega Sandra Laudi, referente del punto di comunità Chiusure, ma si rivolgono a target diversi e, in alcuni casi, riescono a costruire anche soluzioni comuni ai bisogni diffusi. «Una semplice ma importante opportunità è stata mettere in atto un’iniziativa nata proprio dalla richiesta dalla mamma di un ragazzo disabile. Sette giovani volontari si sono organizzati per portare fuori quattro coetaneicon disabilità il sabato e la domenica e uscire insieme come fannotutti i ragazzi a quell’età», spiega Laudi. «La cosa più bella del punto di comunità è proprio questa: riuscire a raccogliere le istanze del territorio e pensare insieme a come poter dare una risposta concreta ».
La presenza di questi spazi sta generando sempre più fermento nei diversi quartieri di Brescia. «C’è più occasione e voglia di conoscersi e mettersi insieme. Quello che è emerso in modo evidente è che siamo un territorio ricchissimo di realtà sociali che però non sempre si conoscono », spiega Domenico Milani responsabili dei servizi sociali territoriali per la zona Sud della città. «Il compito più importante è quello di facilitare il lavoro di rete tra le associazioni e gli abitanti, perché è così che si può fare davvero la differenza. È un percorso che necessita cura e continuità ma è un processo che sta avvenendo».