Trasformare il sostegno alle famiglie in difficoltà, attraverso l’attivazione di altre famiglie. È questa l’idea alla base di Famiglie Solidali, l’iniziativa sviluppata nei distretti metropolitani di Pieve Emanuele e Rozzano, in provincia di Milano, nell’ambito del progetto Texére, sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo. «”Famiglie solidali”, così come tutto il progetto “Texére” si rivolge ai genitori che portano i segni di una storia difficile, che attraversano una fase di vita critica, a rischio di esclusione sociale e per queste ragioni, faticano a far fronte ai compiti di cura dei figli», spiega Patrizia Bergami, responsabile del progetto. «L’obiettivo, oltre a creare nuove risorse per i genitori in difficoltà, è anche offrire un’opportunità a tutte le persone che desiderano entrare a far parte di una possibile rete solidale sul territorio».
La sfida dunque è su due fronti: da un lato favorire la costruzione, la ricostruzione e la ritessitura di legami familiari e sociali in grado di intercettare le necessità dei bambini e riconoscere le difficoltà delle famiglie, al fine di consentire percorsi di crescita, riparazione e autonomia, restituendo alle famiglie stesse un ruolo chiave nel fronteggiare le difficoltà. Dall’altro lato, invece ci si propone di spostare la finalità degli interventi del servizio sociale dalla riparazione alla prevenzione secondaria, superando l’intervento professionale e chiamando in causa anche la comunità come protagonista nel farsi carico delle situazioni di difficoltà di cura di alcune famiglie con minori.
«Il tema delle famiglie solidali è per noi fondamentale», continua Patrizia Bergami. «È necessario che i bambini, anche quelli in grave difficoltà e molto trascurati dai propri genitori, trovino il sostegno, la cura, l’attenzione di adulti di riferimento», evitando così il più possibile di essere affidati a ‘specialisti’ o a luoghi ‘specializzati’, come le comunità per minori.
«Queste nuove figure», dice Bergami, «possono essere presenti nell’ambito della propria famiglia allargata come nonni, zii, o altri parenti, oppure nelle reti di prossimità, come ad esempio, insegnanti, amici di famiglia, genitori di altri bimbi, compagni di scuola. Contrariamente a ciò che accadeva un tempo, inoltre in alcuni casi i genitori anche molto fragili durante il percorso di presa in carico acquisiscono stima e fiducia nei confronti del servizio e dei suoi operatori, diventano più consapevoli delle proprie difficoltà e spesso accade che decidano di mettersi a disposizione per fare da facilitatori tra le altre famiglie in difficoltà e i servizi. Vi è ancora una consistente difficoltà nel reperire famiglie affidatarie non professionali, vi è però un segnale di reattività tra molti cittadini ‘competenti’ che sarebbero disponibili a diventare un punto di riferimento per i minori». Per promuovere l’iniziativa sono stati organizzati diversi incontri sul territorio, successivamente si è proposto di ingaggiare le famiglie o le persone singole attraverso laboratori di comunità di vario genere e percorsi di sostegno alla genitorialità, offrendo anche il sostegno di educatori e operatori sociali, per dare supporto a chi aderisce al percorso.
È necessario che i bambini, anche quelli in grave difficoltà e molto trascurati dai propri genitori, trovino il sostegno, la cura, l’attenzione di adulti di riferimento
«Pur avendo raccolto – anche in passato – la disponibilità di alcune famiglie particolarmente sensibili, nei territori di riferimento, il tema della prossimità non era mai stato trattato strutturalmente e dunque l'avvio ha richiesto un grande lavoro di preparazione».
Per questo è stata sviluppata una mappatura delle famiglie potenzialmente interessate e sono stati avviati colloqui mirati con figure chiave del territorio in grado di coinvolgere altre famiglie idonee.
«L’obiettivo, nel corso dei tre anni è di raggiungere le 100 famiglie coinvolte. Le risposte avute sino ad ora segnalano la disponibilità e l’attenzione ai temi proposti e lasciano ben sperare in relazione alla possibilità di coinvolgimento diretto di famiglie per affiancare altre famiglie che presentano fragilità», racconta Patrizia Bergami. «Come sta succedendo dallo scorso novembre a Rozzano. Presso la Casa dei Diritti del comune, oltre ad alcune famiglie in carico ai servizi di tutela, c’è la partecipazione fissa di 17 tra bambini e adolescenti e 13 adulti che si stanno organizzando per attivare serate di confronto sulla monogenitorialità, eventi e aperture rivolte a tutte le famiglie “al singolare”, oltre che laboratori di cucina per bimbi, gruppi di auto-mutuo aiuto, uno sportello di mediazione familiare, sociale e legale».
Tra i partecipanti agli incontri anche Amy che in Italia vive da tanti anni ma è originaria della Repubblica Dominicana. Qui sono nati i due sue figli di 20 e 21 anni. «Lavoro come operaia e sono una mamma single», racconta. «Sono entrata nel progetto Famiglie Solidali per essere aiutata ma anche per aiutare gli altri. Durante le riunioni ci scambiamo idee, proposte, consigli e ci si sostiene sempre a vicenda», spiega Amy. «Ovviamente spesso il discorso cade sul ruolo genitoriale, sulle famiglie piccole. Sul fatto che spesso ci si senta soli. Confrontarsi è importante. Alle riunioni arrivano persone con problematiche diverse, non solo donne sole con figli. Ad esempio, c’è una coppia di genitori che stanno attraversando un momento delicato con il proprio figlio. È un’occasione per chiedere consiglio, scambiarsi le proprie esperienze, mettere in comune quello che si è imparato negli anni sulla propria pelle e continuare ad imparare dagli altri».