C’era un ragazzo di 27 anni che da anni faceva il pizzaiolo con contratti precari e che aveva espresso il desiderio di imparare bene il mestiere. C’era una donna di 50 anni separata, senza lavoro, e con un figlio da accudire gran parte della giornata. C’era un uomo di 50 anni, un ex professionista della comunicazione, che era caduto in depressione in seguito alla perdita del lavoro per essere rimasto indietro in un settore che era molto cambiato.
Siamo nell’hinterland di Malpensa, un territorio ricco di risorse che però ha anche vissuto momenti di crisi che hanno colpito aziende e famiglie. Ma si sa l’unione fa la forza, ecco perché per superare risposte emergenziali di fronte a situazioni di vulnerabilità, Revolutionary Road, uno dei progetti sostenuti da Fondazione Cariplo nel programma “Welfare di comunità”, negli ultimi tre anni ha portato avanti un intervento che ha attivato e messo in rete le amministrazioni comunali, il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale, i Servizi Sociali, i Centri per l’impiego e le aziende del sistema produttivo locale.
Abbiamo scelto di prendere in carico persone nella fascia media, non troppo fragili, quelle con una maggiore possibilità di inserimento lavorativo.
E così, nei 18 comuni degli ambiti distrettuali di Gallarate e di Somma Lombardo, nella zona sud est della provincia di Varese, si è scommesso sulle competenze delle persone sviluppando risposte innovative a delle situazioni di vulnerabilità, più o meno passeggere, che rendevano particolarmente difficile il reinserimento nel mondo del lavoro: disoccupati di lunga durata, persone con bassa specializzazione e scolarizzazione, spesso di età adulta, persone con barriere linguistiche e culturali, donne sole con figli con quindi esigenze di conciliazione lavoro-famiglia, persone con condizioni psicologiche fragili; con tutti si è cercato di partire dai loro bisogni ma soprattutto dalle risorse che potevano mettere in campo, insieme alle risorse che il territorio stesso poteva offrire. “Abbiamo guardato la famiglia nel suo insieme. Spesso dietro una vulnerabilità lavorativa c’è anche una vulnerabilità abitativa e relazionale. Trovando una risposta alla prima, abbiamo alleggerito anche le altre due” dice Sandro Massi.
Ecco perché ogni percorso è personalizzato. Le segnalazioni sono arrivate in questi anni da parte di “antenne” territoriali come per esempio associazioni, sportelli e centri di ascolto, ma più frequentemente dai Servizi Sociali del Comune. A quel punto sono entrati in gioco i centri per l’impiego dove è stato inserito il “coach lavorativo”, una figura chiave per il progetto, che ha costruito intorno alle persone dei percorsi personalizzati, a partire dall’ingaggio e sempre più stretto coinvolgimento del mondo aziendale, costruendo con le imprese e le persone relazioni di fiducia.
È fondamentale costruire un rapporto di fiducia con l’azienda affinché decida di offrire alle persone un’occasione per sperimentare le proprie possibilità.
Per alcune persone è stata necessaria la ricostruzione della propria storia lavorativa, per altre un focus sulle competenze da acquisire, per altre ancora incontri per l’orientamento e per la ricerca attiva del lavoro, oppure formazione, supporto e mediazione in fase di inserimento lavorativo. Tutte attività che hanno avuto l’obiettivo di riattivare chi stava attraversando un momento di difficoltà, dandogli gli strumenti necessari per tornare a essere autonomo.
Grazie ad un nuovo dialogo avviato con le aziende, volto ad attivare fiducia e corresponsabilità, anche uno strumento più tradizionale come il tirocinio si è rivelato fondamentale per l’inserimento lavorativo. Su 77 tirocini attivati nel corso del progetto 20 si sono trasformati in contratti di lavoro; per altre persone, il tirocinio è stato importante per rimettersi in gioco e rientrare nel mondo del lavoro, riacquisire fiducia in se stessi, testarsi in nuovi ambienti di lavoro.
Nel Centro per l’impiego portiamo le nostre risorse, le nostre competenze e nuove aziende. Il centro fa da garante per l’attivazione dei tirocini.
Le aziende coinvolte sono espressione del tessuto imprenditoriale del territorio: si tratta sia di piccole aziende artigianali e familiari, dal settore agricoltura a quello della ristorazione, ma anche multinazionali del settore distribuzione e pulizie, o imprese nel mondo della sanità e dei servizi alla persona, come cooperative e fondazioni. Tuttedisponibili ad ospitare tirocinanti e soprattutto in cerca di personale.
Infatti tra i risultati di questa azione ci sono anche le 34 assunzioni dirette da parte di aziende coinvolte in Revolutionary Road che stavano ricercando personale e alle quali sono state offerte delle candidature, grazie alla precedente attività di accompagnamento e orientamento svolta dalla rete di progetto con le persone segnalate. La risposta a situazioni di vulnerabilità si è quindi sviluppata mettendo a frutto tutto il lavoro collettivo realizzato in questi anni.
Preziose per il progetto sono state quelle aziende che hanno mostrato più disponibilità e comprensione verso persone che spesso imparano facilmente il mestiere ma fanno fatica a rispettare gli orari, accettare le regole, sopportare un capo esigente o un collega scortese o con barriere linguistiche e culturali.
Con loro sono stati possibili percorsi di formazione e di inserimento che hanno sorpreso entrambe le parti.
Fra loro una piccola azienda a conduzione familiare di lavorazione meccanica di precisione alla costante ricerca di giovani che lavorino con macchine a controllo numerico. L’azienda ha scelto di attivare due tirocini con l’obiettivo di trasformarli in assunzione. Entrambi i ragazzi hanno imparato il mestiere non semplice, ma solo uno dei due ha retto i ritmi e l’ambiente lavorativo, ed è stato assunto. Un’altra collaborazione duratura è con un’azienda che si occupa di grande distribuzione. Si tratta di un’azienda molto accogliente, che anche se assume raramente, si occupa della formazione dei tirocinanti dando la possibilità di rimettersi in gioco e rientrare nel mondo del lavoro, riacquisire fiducia in se stessi, testarsi presto in nuovi ambienti di lavoro. Fruttuosa anche la collaborazione, ormai triennale, con un’altra micro impresa locale che si occupa di noleggiare materiale per catering. L’azienda ha attivato moltissimi tirocini con Revolutionary Road ma ha fatto anche molti contratti stagionali con assunzione diretta per lo più a donne straniere.
Abbiamo contattato 150 aziende del territorio e ne abbiamo coinvolte attivamente 90 individuando mansioni in linea con i profili dei nostri utenti; qualche azienda è arrivata con il passaparola, ci è sembrato un segnale importante.
Adesso c’è un giovane pizzaiolo che dopo un corso di specializzazione, ha acquisito molte più competenze e finalmente sarà lui a scegliere fra le offerte di lavoro che ha ricevuto quella che garantirà più stabilità e tutela. C’è una donna con un figlio a carico che dopo un tirocinio in un’azienda di catering sta lavorando nella cucina di una cooperativa che si occupa di servizi per persone con disabilità, e ha trovato l’autonomia e un lavoro che non credeva di saper fare.C’è un ex professionista della comunicazione che grazie a un tirocinio in un’agenzia sta rafforzando le sue competenze digitali per tornare sul mercato.
Se c’è una chiave di volta dell’azione lavoro è sicuramente la fiducia. Una fiducia costruita, offerta e ritrovata.