Lunedì 22 giugno, si è svolta, in remoto, la Comunità di Pratiche dei progetti della IV edizione del bando Welfare in Azione di Fondazione Cariplo.
Il tema su cui confrontarsi, l’invenzione dell'estate 2020: una riflessione sulle idee, le attività, i cambiamenti che i progetti hanno immaginato per poter rispondere ad alcuni bisogni delle proprie comunità di riferimento anche in questa “calda” primavera – estate
10 progetti, 40 partecipanti, 5 domande a cui rispondere.
10 progetti impegnati a confrontarsi e a cercare insieme soluzioni pur occupandosi di temi diversi, dall’occupazione giovanile, alla legalità come bene comune, la vulnerabilità delle famiglie, la salute mentale, il welfare aziendale e i nuovi modelli di abitare sociale.
Sono progetti che hanno avviato un percorso di ripensamento in chiave comunitaria del welfare localepuntando sul coinvolgimento dei cittadini in processi partecipati, per rispondere ai bisogni sociali esistenti ed emergenti, progetti che in questi mesi sono stati profondamente toccati dall’emergenza Coronavirus.
In alcuni casi l’attivazione di nuove risposte è stata immediata, grazie anche alle competenze e alla pronta attivazione delle reti di progetto. Per alcuni progetti è stata un’occasione per ripensare metodi e obiettivi, per altri ancora un’occasione di ricerca. Tutti hanno inevitabilmente puntato sul virtuale spostando online i momenti di incontro, formazione e sostegno. L’utilizzo di canali e piattaforme, se da un lato è risultato includente per le persone con problemi di mobilità, dall’atro è risultato escludente per gli utenti non dotati di dispositivi o delle competenze per usarli. Ecco perché, in futuro, quando le attività riprenderanno normalmente, i progetti immaginano attività “miste”, un po’ in presenza e un po’online per raggiungere i propri beneficiari.
Una mattina di condivisione necessaria, e forse anche per questo molto partecipata, aperta da Beatrice Fassati, coordinatrice del programma Welfare in azione.
Abbiamo immaginato questo momento per provare a guardare avanti insieme.
Al posto del rituale caffè di benvenuto, una tazza sulla scrivania di ogni partecipante. Invece dei post-it una bacheca virtuale per scambiarsi link e prenotare gli interventi. Ma la stessa voglia di incontrarsi e confrontarsi.
A introdurre le cinque domande Stefano Laffi (Codici) ed Ennio Ripamonti (Istituto Italiano di Valutazione), referenti per le Comunità di Pratiche di Welfare in azione.
1: Quali forme di lavoro a distanza sono state realizzate e/o immaginate dai progetti?
Il progetto Fare #BeneComune, impegnato a rendere Pavia una città “family friendly” connettendo energie e risorse, durante l’emergenza, ha spostato online le proposte educative e formative prediligendo interventi individuali, come forme di tutoring a distanza, a quelli di gruppo.
La mediazione tecnologica, che in un primo momento mostrava grandi limiti, ha inaspettatamente offerto uno spazio di libertà ai ragazzi e ha regalato piccoli e preziosi momenti di verità.
Ci è mancato il contatto fisico e stare in gruppo. Ma grazie alle videochiamate individuali alcuni ragazzi si sono sentiti più liberi di confidarsi con l’operatore.
Vicino alle famiglie è anche il progetto Tam Tam tempi di Comunità che lo scorso febbraio ha inaugurato a Delebio (So) il TamTam Bimbi, uno spazio di socialità nato per creare delle reti comunitarie a supporto delle famiglie multietniche del territorio. L’appuntamento fisso del martedì, si è spostato dal TamTam Bimbi ai canali social del progetto, dove i genitori condividono qualcosa della loro cultura: ninne nanne, storie, giochi. Il progetto ha anche attivato un corso online per baby sitter per offrire qualche competenza in più a chi intende immettersi sul mercato del lavoro e contemporaneamente offrire alle famiglie una lista di persone fidate e formate sulla sicurezza sanitaria.
Stiamo realizzando un libro con storie e ninne nanne da regalare alle mamme non appena potremo incontrarci. Stiamo accompagnando la ripartenza.
Ad accompagnare la ripartenza, usando il virtuale per continuare a mantenere vive le reti, è anche il progetto Mano a Mano che in 12 Comuni della Provincia Lodigiana prova a innovare il sistema di accoglienza creando occasioni di incontro fra italiani e migranti e accompagnando questi ultimi verso l'autonomia abitativa, lavorativa e sociale. Appoggiandosi a una piattaforma esistente, il Padlet, il progetto ha trasformato i Laboratori Sociali in Laboratori Digitali per potere continuare a scambiarsi informazioni, progettare, socializzare e conoscersi. I Laboratori coinvolgono circa un centinaio di persone che si incontrano per scambiarsi ricette, imparare l’italiano, immaginare e segnalare i luoghi nel lodigiano da restituire alla comunitàe condividere notizie di attualità da tutto il mondo.
I Laboratori digitali e i laboratori tematici ci hanno aiutato a mantenere il dialogo con le persone ingaggiate dal progetto e ci hanno permesso di intercettare molti ragazzi migranti del territorio. In futuro ci terremo stretta questa nuova modalità.
Così come Mano a Mano anche il progetto Milano 2035 sembra smentire il dogma “Nell’emergenza non si costruiscono nuove reti”.
La casa è il cuore del progetto Milano 2035, che ha l'obiettivo di offrire ai giovani case a prezzi sostenibili e mettere in atto le buone pratiche dell’Abitare Collaborativo. E mai la casa è stata protagonista come durante il lockdown, quando il progetto ha lanciato due call che hanno visto una risposta inaspettata. La prima #VivereInCasa, con l’obiettivo di raccogliere le storie della nuova vita domestica, ha ricevuto 4000 testimonianze. La seconda #VolontariMilano2035 ha raccolto l’adesione di oltre 300 giovani disponibili a portare la spesa o i medicinali a chi viveva solo, a sostenere i ragazzi nello studio o a intrattenerli attraverso video collegamenti.
In questi mesi abbiamo raccolto tanti contatti nuovi e tanto materiale su come è cambiata la relazione con la casa, tutte riflessioni utili per elaborare e pensare le prossime azioni di progetto.
Più sofferte sono le esperienze dei progetti Distanze Ravvicinate e Recovery.net.
Accorciare le distanze relazionali è l’obiettivo del progetto Distanze Ravvicinate che, nei 20 comuni della Valle Imagna-Villa D’Almé (BG), prova a costruire un nuovo modello di welfare familiare e comunitario. In questi mesi tutti gli sforzi si sono concentrati nel gestire l’emergenza e nel garantire i servizi rivolti alla domiciliarità, soprattutto a favore degli anziani che vivono soli e delle persone con disabilità.
Siamo nella bergamasca, qui siamo stati travolti. Abbiamo imparato due cose: eravamo lenti e non guardavano alle cose urgenti. Ora sappiamo che dobbiamo essere veloci a rispondere alle esigenze del nostro territorio, se no non saremo credibili. Vogliamo avere dei territori più consapevoli. Per questo in futuro saremo più concreti e meno teorici.
Ma nonostante le difficoltà oggettive, Distanze Ravvicinate è riuscita a fare partire 30 iniziative estive in 20 comuni della bergamasca (da 80 a 8000 abitanti).
Torniamo a fare incontrare i bambini.
Ha cercato di rispondere all’improvvisa riduzione dei servizi per la salute mentale il progetto Recovery.Net,che nelle province di Brescia e Mantova aiuta le persone con disagio psichico a trovare la propria strada fuori dall’istituzione psichiatrica. I 10 computer e alcuni telefoni che erano stati acquistati nei mesi precedenti, durante l’emergenza sono diventati indispensabili. Ma dal momento che ad alcuni beneficiari del progetto mancavano le competenze tecnologiche, sono stati creati dei tutorial.
Il Covid ci ha tramortito. Grazie alla tecnologia in questi mesi non abbiamo interrotto le relazioni e in futuro forse riusciremo a comunicare di più con quelli che non escono di casa facilmente.
2. Quali forme di lavoro in presenza sono state realizzate e/o immaginate dai progetti?
Fare #Benecomune ha attivato dei centri estivi per bambini e adolescenti divisi in piccoli gruppi. C’è il turno della mattina e quello del pomeriggio per permettere a più ragazzi di partecipare e svolgere attività socializzanti con i propri pari. Il piccolo gruppo ha anche i suoi vantaggi, i ragazzi più grandi, infatti, sono coinvolti anche nella progettazione delle attività. Quest’anno, oltre ai giochi di società, quiz, caccia al tesoro si realizzerà un inventario dei libri scolastici usati, mentre continuerà il corso di Educazione all’affettività, gestione delle relazioni affettive e violenza di genere per i ragazzi dai 16 ai 23 anni.
Abbiamo tenuto un legame a distanza fra il gruppo della mattina e quello del pomeriggio grazie a un videoproiettore con cui i ragazzi si lasciano dei videomessaggi. Così cerchiamo di stimolare il senso di comunità.
L’obiettivo è tornare a stare con gli altri. Anche se le regole sono, al momento, cambiate.
Fare uscire i ragazzi li aiuta anche a capire quali sono le nuove regole sociali: indossare la mascherina, lavarsi le mani, mantenere la distanza.
Infine, Valoriamo, un progetto che nel distretto di Lecco coinvolge le aziende che puntano alla responsabilità sociale d’impresa, investendo in servizi di welfare aziendale a km0, per l’estate, ha messo in campo due azioni. La prima è “Costruiamo l’estate”, una mappatura di tutti i servizi di conciliazione che stanno nascendo sul territorio rivolti alle attività estive per i minori. Il sito, attivo da una settimana ha 2000 click al giorno. La seconda è “Facciamo brillare il lavoro” ed è un servizio di sanificazione offerto ad attività commerciali e centri estivi a un prezzo calmierato più una donazione per il Fondo costituito presso la Fondazione di comunità Lecchese.
Sono 25 gli inserimenti lavorativi che siamo riusciti a realizzare grazie alle attività di sanificazioni, consegne pasti, distribuzione di dispositivi di sicurezza. Un numero che cresce di giorno in giorno.
3. Come hanno risposto le persone (pubblico ampio, cittadini attivi, beneficiari etc.) alle attività che vengono proposte?
Il bisogno di tornare alla relazione è grande per tutti. Ecco perché chi è riuscito a ripensarsi e a riorganizzarsi ha avuto non solo grande visibilità ma ha rinforzato il dialogo con le amministrazioni.
Come nel caso di Tam Tam Tempi di Comunità.
Da una parte abbiamo avuto un maggior riconoscimento e una maggiore facilità di collaborazione con le amministrazioni. Dall’altra una maggiore partecipazione, come nel caso del Laboratorio di autobiografia online. Se l’avessimo fatto in presenza quante persone l’avrebbero frequentato?
C’è chi ha raccolto molta gratitudine come #FareBeneComune e Recovery.net che hanno cominciato a offrire momenti di incontro per uscire dall’isolamento.
Abbiamo percepito tanta gratitudine. I nostri centri estivi sono sempre stati gratuiti e lo sono ancora, anche se hanno meno iscritti. Alcune famiglie si sono tirate indietro perché avevano paura che i bambini non riuscissero a tenere la mascherina.
Per tutti è stato difficile stare in casa, per molti adesso è difficile uscire.
In estate riprenderemo a incontrarci con numeri molto piccoli. Prima i gruppi erano composti da 15, 20 persone, ora non più di 3. Stiamo riscontrando in alcune persone la difficoltà a uscire. Il confort dell’isolamento va smantellato.
4. Quali forme di attivazione della comunità dal basso i progetti hanno intercettato, rilevato, promosso nei territori?
Il progetto Legami Leali, che nel territorio della costa gardesana bresciana ha l’obiettivo di accrescere il livello di informazione e di consapevolezza relativo all’illegalità coinvolgendo la comunità, durante l’emergenza ha sottoscritto 6 patti di collaborazione per organizzare il volontariato in alcuni comuni, in collaborazione con le amministrazioni. Il patto di collaborazione è stato adattato alle diverse fasi dell’emergenza: dal lockdown con la distribuzione dei viveri e le telefonate di supporto (Caffè al telefono telefonate di 10/15 minuti fra cittadini e volontari); alla fase 2 con la cura e la igienizzazione dei parchi giochi; alla fase 3 con il sostegno alla riapertura delle scuole e alle misure che sarà necessario intraprendere.
I patti sono utili per cambiare punto di vista.
Anche Distanze Ravvicinate ha prontamente intercettato il desiderio di attivazione di alcuni volontari e si è impegnata nell’incanalare questa disponibilità in risposte concrete e immediate per fronteggiare l’emergenza.
Siamo stati contattati da moltissimi volontari. Ci ha stupito renderci conto che il progetto aveva costruito delle reti di cui non eravamo consapevoli.
5. Cosa è successo con i luoghi del welfare dei progetti? Come sono stati e saranno utilizzati, trasformati o riconvertiti?
I luoghi del progetto Legami Leali sono luoghi confiscati alle mafie e a luglio verranno riaperti per accogliere i ragazzi dei centri estivi. Qui i ragazzi sperimenteranno, ogni giorno, attività diverse, dai corsi di formazione sulle stampanti 3D, cura del territorio, piccola progettazione europea, e attività creative.
Milano2035 sta cercando di riaprire i Touch Point, luoghi di orientamento e promozione della cultura dell’abitare collaborativo e di scambio mobili. Sono infatti molte le persone che in questi mesi hanno rivoluzionato le loro case e hanno oggetti da donare. Il progetto ha anche offerto alcune abitazioni rimaste temporaneamente libere a chi doveva stare in isolamento e al personale sanitario in trasferta.
Per Recovery.Net è un’occasione per ripensare gli spazi fisici e il modo di co-progettarli. Come è accaduto per i co-lab che hanno preso una forma anche virtuale, diventando co-lab “aumentati”. Questi spazi sono stati co-progettati grazie a una lavagna collaborativa online, uno strumento che si potrà usare anche in presenza finché non sarà possibile utilizzare pennarelli, post-it e altro materiale in comune.
Una mattina ricca di esperienze, cambi di prospettiva, ma soprattutto di riflessioni autentiche raccontate dalle voci di chi è ancora fortemente impegnato nel contrastare i danni della pandemia.
Una mattina in cui abbiamo condiviso nuove idee e nuovi approcci per ripartire insieme.
Perché l’invenzione di quest’estate riparte da un nuovo modo di fare welfare.