Sviluppare una realtà alternativa che non può essere solo legata al profitto. È nata così l’azione del progetto Archimedes “Mi fido di Noi” sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo. Una piattaforma, simile ad un “conto corrente” come la chiama Sara Didoni, responsabile dell’azione.L’abbiamo incontrata per capire come è strutturata l’azione e perché può essere uno strumento importante per la comunità.
Com’è nato “Mi fido di noi”?
L’idea è nata dall’esperienza dell’associazione Distretto di Economia Solidale della Brianza (DESBri), di cui io sono socia, e che oggi fa parte del progetto Archimedes. Avevamo una mailing list relativa al “Cerco&Offro” che raccoglieva le richieste di decine di famiglie, per aiutarle a scambiarsi beni, informazioni e conoscenze, attraverso il baratto e la relazione che i 500 aderenti potevano attivare quotidianamente. La mailing list si è evoluta nell’azione “Mi fido di noi” e la piattaforma online è stata lanciata a maggio 2015 .
Ci sono esperienze simili alle quali vi siete ispirati e che avete approfondito?
Abbiamo sicuramente preso spunto dalla banca del tempo e della moneta virtuale, ma il nostro lavoro è stato quello di combinare entrambe le esperienze e lanciarle sul web. Esiste un sito con accesso privato, su cui le persone si registrano e possono effettuare i propri scambi. Questa era una cosa del tutto nuova.
Come funziona e su cosa si basa la piattaforma?
Attraverso l’economia solidale cerchiamo di mettere in rete tutte le realtà cooperative e le associazioni per realizzare “un’economia altra”. L’obiettivo è utilizzare in maniera interscambiabile i beni: è una piattaforma di baratto. L’utente si iscrive alla piattaforma e ha un suo profilo. All’interno del profilo può mettere in vendita oggetti, tempo e competenze. Un esempio su tutti è quello di un professore di inglese che si propone per fare lezioni private, a quel punto un altro utente della piattaforma può avere bisogno di quei servizi.
Cosa distingue questa azione da una tradizionale banca del tempo?
La parte più innovativa è che vi è uno scambio di denaro virtuale. Abbiamo coniato una moneta nostra che si chiama “fido”. Un’ora vale circa dieci fidi. Ad esempio, posso decidere di vendere sulla piattaforma uno smartphone che non uso più, invece di buttarlo. Utilizzerò poi quei “soldi” per comprare altro e far girare “l’economia” della piattaforma. Di fatto accumulerò moneta per fare altri scambi.
In futuro l’ambizione sarebbe creare una serie di piattaforme in grado di dialogare tra loro, che possano così permettere anche scambi tra persone che si trovano lontane fisicamente
Quali sono le esperienze di scambi più interessanti secondo lei?
Gli oggetti che si scambiano di più sono i vestiti per bambini. C’è un turnover altissimo. Tra le storie più significative, invece annovero anche la mia. Grazie alla piattaforma ho trovato una persona esperta di riparazioni e ho fatto aggiustare 12 elettrodomestici che altrimenti avrei buttato. Si tratta di un risparmio economico e ambientale importante, soprattutto se pensato su una scala più ampia. Sulla piattaforma, ogni ora di lavoro costa 10 fidi, io ne ho spesi 60, che verranno poi utilizzati da chi mi ha aiutato, per scegliere a propria volta il servizio più adeguato, alimentando questa economia parallela virtuosa.
L’utilizzo della piattaforma è limitata territorialmente?
Siccome si tratta spesso di scambi che necessitano un incontro fisico, sicuramente esiste un tema di geolocalizzazione, noi per ora ci muoviamo in Brianza, sappiamo che il modello ha sollevato l’interesse di altri territori in altre parti d’Italia, ad esempio è stato esportato in Emilia Romagna, in futuro l’ambizione sarebbe quella di creare una serie di piattaforme in grado di dialogare tra loro, che possano così permettere anche scambi tra persone che si trovano lontane fisicamente.
Quante persone sono associate alla piattaforma?
Per ora abbiamo circa 150 persone iscritte, , contiamo di arrivare a 200 per la prossima estate. Le amministrazioni comunali dei vari paesi ci stanno sostenendo, ci pubblicizzano. Hanno capito che questa azione può consentire alle persone con difficoltà economiche e che dopo la crisi sono rimaste senza lavoro di impiegare in modo dignitoso il proprio tempo e le loro competenze. Devo riparare il tubo del bagno? Posso chiamare un idraulico del circuito; inoltre questo sistema facilita la conoscenza tra le persone, lo sviluppo di nuove relazioni. Fa bene a tutta la comunità.
Foto: Alexander Dummer