L’integrazione e la rinascita della comunità si coltivano, letteralmente, con zappa e rastrello. Succede a Castelnuovo Bocca D’Adda, un comune di 1600 abitanti, all’estremo lembo del Parco Regionale Adda Sud dove una Casa Cantoniera abbandonata è stata ristrutturata e trasformata in un piccolo centro di accoglienza per 12 richiedenti asilo e il territorio circostante è diventato un orto sociale dove i ragazzi e gli abitanti del luogo possono lavorare la terra.
Il merito? Va ad un giovane Sindaco, Marcello Schiavi che ha saputo cogliere le varie progettualità sul territorio, cogliere le circostanze diventando aggregatore di idee e persone. Con la collaborazione dell’Ufficio di Piano di Lodi e l’occasione di un progetto come ‘Rigenerare Valore Sociale’ finanziato da Fondazione Cariplo, convinto che solo il coinvolgimento di tutta la comunità avrebbe portato risultati, il primo cittadino non ha infatti esitato a far sedere allo stesso tavolo istituzioni, privato sociale, mondo civile per creare qualcosa di unico per tutta la comunità.
“Il progetto Orti didattici di comunità - spiega Schiavi - è finanziato grazie al Bando di agricoltura sociale del Progetto Rigenerare Valore Sociale. Un progetto che guarda al presente e al futuro non solo di Castelnuovo ma anche del territorio. Gli orti, già sperimentati in piccolo in queste settimane negli spazi attorno alla Casa Cantoniera diventeranno un progetto di agricoltura sociale molto più ampio con finalità di ricerca e didattica che potrà servire anche all’economia agricola locale ancora troppo incentrata sulla monocultura che oggi non è più remunerativa e non può competere. Siamo convinti che questo percorso che ha avuto inizio dall’accoglienza dei rifugiati, possa accompagnare l’economia locale con ricadute anche per i cittadini”.
Siamo convinti che questo percorso che ha avuto inizio dall’accoglienza dei rifugiati, possa accompagnare l’economia locale con ricadute anche per i cittadini
“Per ora abbiamo raggiunto le associazioni del territorio impegnate in progetti di cittadinanza attiva e abbiamo solo 300 metri quadri in cui coltivare le verdure di stagione, ma l’obiettivo è molto più ambizioso”, spiega Gian Marco Locatelli, agente di sviluppo che nel progetto Rigenerare Valore Sociale si occupa dell’agricoltura sociale. “L’idea è includere nel progetto 2mila metri quadri di terreno e aprirlo a tutti i cittadini, coinvolgendo anche i ragazzi dell’Istituto Tosi, una scuola di agraria storica del territorio, per progettare la trasformazione dell’orto in campo. Questa può essere davvero un’occasione, non solo per i ragazzi della casa cantoniera ma per tutta la comunità per conoscersi, creare nuove relazioni e costruire nuove opportunità per il futuro.”
A fare da capofila a questa iniziativa è la Cooperativa Le Pleiadi Servizi, è stata coinvolta Famiglia Nuova società Cooperativa Sociale cofinanziatrice e proprietaria dei terreni che saranno coltivati, realtà che in questi mesi hanno collaborato con Comune, Azienda Speciale consortile e Istituto Tosi.
Il cibo è un fattore molto personale, ha a che fare con la propria cultura e anche con il prendersi cura di sé stessi. Il fatto di poter cucinare ciò che si coltiva con le proprie mani ha un forte valore, anche terapeutico."
Se infatti oggi i prodotti dell’orto vengono principalmente consumati da chi qui ci vive e il cibo in eccesso è donato alle famiglie bisognose del paese, in futuro il raccolto di queste terre potrebbe innescare un nuovo circuito economico virtuoso. “Vorremmo che i prodotti coltivati qui entrassero nei circuiti dei gruppi di acquisto solidale e venissero integrati in altri sistemi di distribuzione sostenibile ed etica. Questa poi può essere un’occasione di formazione anche per le aziende agricole locali, spesso ancora troppo incentrate sulla monocultura che però non è più remunerativa come una volta”. Un’opportunità che può essere raccolta anche dai richiedenti asilo.
“Lavorare la terra significa anche imparare nuove competenze, che ormai sono patrimonio di pochi. In futuro questi ragazzi potrebbero prendere in gestione gli orti dismessi del nostro territorio, che gli anziani non riescono più a curare e che i più giovani non usano più.” Continua Locatelli. D’altronde l’idea di trasformare il giardino della Casa Cantoniera in terreno da coltivare è nata anche grazie a loro. “All’inizio volevamo affidare la cucina ad un catering ma i ragazzi hanno preferito fare da sé. Il cibo è un fattore molto personale, ha a che fare con la propria cultura e anche con il prendersi cura di sé stessi. Il fatto di poter cucinare ciò che si coltiva con le proprie mani ha un forte valore, anche terapeutico, se poi si pensa che questo può essere un modo per incontrare gli abitanti del luogo, praticare l’italiano e abbattere i pregiudizi è facile capire che il significato di questo progetto non è solo simbolico. Qui si nutre la terra ma si nutre anche la comunità e i legami che ci uniscono.”