La rete territoriale per riannodare i fili spezzati delle famiglie più fragili

A Milano il progetto Texére mobilita l’intera comunità per aiutare i genitori in difficoltà a prendersi cura dei figli

Data di pubblicazione: 20 Luglio Lug 2017 1148 20 luglio 2017

«Se i bambini stanno bene, tutta la comunità sta bene. È questa la sfida che abbiamo di fronte: fare rete per sostenere le famiglie nel compito educativo, e non lasciarle sole»: sta qui, nelle parole della Dirigente della Direzione Innovazione Sociale della Città Metropolitana di Milano Patrizia Bergami, il nocciolo del progetto Texére, il progetto sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo. Partito circa un anno fa come sperimentazione nei Distretti di Rozzano e Pieve Emanuele, hinterland sud-ovest del capoluogo lombardo, l’iniziativa punta a creare una rete territoriale che “tessa” (di qui il nome) o riannodi «i fili logorati o spezzati tra bambini e famiglie fragili».

Una realtà che nei Comuni interessati – in totale 11, territori densamente popolati e in gran parte composti da case popolari e quartieri a rischio – è davvero diffusa e ricade sui più piccoli: «Ci siamo accorti che circa il 70% dei ragazzini con disabilità certificata non aveva una franca patologia, quanto piuttosto un disagio emotivo derivante da gravi trascuratezze relazionali e materiali vissute in famiglia», continua Patrizia Bergami. «Di qui è nata l’esigenza di verificare la loro situazione e immaginare interventi ad ampio spettro, che incontrassero figli e genitori nei luoghi che frequentano abitualmente e li accompagnassero in un percorso di riscoperta dei legami e di costruzione del “saper fare”».

I primi risultati sono molto incoraggianti, per questo vogliamo proseguire su questa strada, ampliando la rete di soggetti partner e coinvolgendo sempre più tutti coloro che hanno a cuore il futuro e il benessere dei bambini

Patrizia Bergami, Dirigente della Direzione Innovazione Sociale della Città Metropolitana di Milano

Per questo Texére coinvolge innanzitutto, oltre naturalmente ai servizi sociali e agli educatori dei Comuni, le scuole, le parrocchie, le biblioteche, le associazioni di volontariato e i centri di formazione professionale. «Le iniziative da cui siamo partiti sono due, in due luoghi diversi: le biblioteche e le case», continua la responsabile del progetto. «La prima si è svolta nel corso dell’anno scolastico invitando bambini e genitori a raccontare, anche attraverso il disegno, chi si sentivano di essere e quali erano i loro rapporti. Un piccolo ma significativo viaggio alla scoperta di sé attraverso lo storytelling, che ha dato modo a tanti di ritrovare il senso di essere famiglia. La seconda idea», prosegue, «l’abbiamo chiamata “Una casa per fare insieme” e sta prendendo vita in quattro appartamenti che abbiamo trasformato in luoghi condivisi: qui le famiglie fragili incontrano altre famiglie “competenti” e si aiutano a vicenda, facendo i compiti, cucinando e avendo cura di sé e del proprio corpo».

Gli appartamenti infatti sono composti dalle normali stanze di qualunque casa, cucina e bagno compresi, dove genitori che hanno perso l’abitudine di preparare da mangiare o non considerano scontato provvedere all’igiene dei figli possono lentamente “apprendere” queste semplici attività di cura da altri genitori che le vivono normalmente nel quotidiano. «I primi risultati sono molto incoraggianti», conclude Bergami, «per questo vogliamo proseguire su questa strada, ampliando la rete di soggetti partner e coinvolgendo sempre più tutti coloro che hanno a cuore il futuro e il benessere dei bambini. Perché questa non può essere una questione riservata agli addetti ai lavori, ma riguarda tutti».

Igor Ovsyannykov 224908