I volontari che combattono la solitudine degli over 70

Nasce ad Arese il progetto che attiva i cittadini per aiutare gli anziani a sentirsi meno soli

Data di pubblicazione: 21 Luglio Lug 2017 1745 21 luglio 2017

Per crescere un bambino ci vuole un villaggio, e anche per curare gli anziani. Sembra esserci la rivisitazione di questo antico proverbio africano alla base di Per farsi compagnia l'età non conta, la nuova iniziativa nata ad Arese, per coinvolgere la comunità locale nella cura degli over 70 che vivono soli.

Nata nell’ambito di Oltre i Perimetri, il progetto sostenuto dal bando di Fondazione Cariplo “Welfare di comunità”, l’iniziativa è stata co-creata insieme agli stessi cittadini. «È un percorso davvero nato dal basso, per soddisfare un bisogno inespresso: quello dei moltissimi anziani, ancora autosufficienti, che vivono soli e che, troppo spesso, restano soli per troppo tempo», spiega Alessandro Belotti, responsabile dell’iniziativa. « È una domanda latente, perché si tratta di persone ancora in salute, che magari hanno i figli lontani e per questo non hanno nessuno vicino che possa tenergli compagnia, o seguirli nelle piccole cose quotidiane che, con l’età fanno fatica a fare».

L’idea era strutturare una risposta comunitaria, così da attivare le risorse già presenti sul territorio, in termini di associazioni, ma anche di singoli cittadini, ispirandosi alle relazioni comunitarie, una volta fortissime all’interno dei piccoli paesi. «Abbiamo iniziato ad organizzare incontri aperti a tutti, per la progettazione del servizio, pubblicizzando l’iniziativa sui giornali locali, con volantini e attraverso il passaparola. Hanno partecipato una ventina di persone di tutte le età, che non facevano parte di nessuna associazione di volontariato, ma che erano interessate a pensare insieme questo nuovo servizio e ad attivarsi i prima persona». Lanciato da pochissimo, l’iniziativa conta già venti volontari e ha raggiunto i primi 10 anziani.

«L’idea è quella di coinvolgere sempre più giovani, così da trasformare il progetto in uno strumento di incontro e scambio intergenerazionale. Il prossimo autunno vogliamo attivare i ragazzi delle scuole, i gruppi scout e il centro giovani. Più volontari abbiamo, più persone riusciremo a raggiungere». Ogni incontro, infatti è strutturato in modo che vi siano due persone che vadano a trovare l’anziano solo a domicilio, due o tre volte alla settimana. «È un modo per fare sentire alle persone che non sono sole, che se hanno bisogno iuto, c’è qualcuno a cui possono chiedere. A volte basta davvero pochissimo per migliorare la qualità della vita di qualcuno. La scorsa settimana, ad esempio, due volontari hanno fatto il primo incontro con un signore ultrasettantenne che da moltissimo tempo non aveva la luce in bagno perché non riusciva a salire sulla scala per cambiare la lampadina. È facile dare per scontate molte cose, che invece non lo sono»

Alex Blajan 101830

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È un percorso davvero nato dal basso, per soddisfare un bisogno inespresso: quello dei moltissimi anziani, ancora autosufficienti, che vivono soli e che, troppo spesso, restano soli per troppo tempo

Alessandro Belotti, responsabile dell'iniziativa

Per individuare gli over 70 che vivono soli è stata fatta una mappatura, incrociando i dati anagrafici e quelli residenziali, anche grazie all’aiuto dei medici di base. «Sono sentinelle importantissime sul territorio, perché oltre ad offrire l’assistenza sanitaria, raccolgono moltissime informazioni e sono tra i primi a capire chi ha bisogno», continua Belotti, spiegando che, se in un primo momento il progetto punta ad offrire un’assistenza relazionale a domicilio, in realtà, l’obiettivo ultimo è quello di incoraggiare gli anziani ad uscire di casa e a costruire nuove relazioni con la comunità che abitano. «Abbiamo iniziato un progetto all’interno delle case Aler, dove al pian terreno si trovano grandi saloni vuoti. Stiamo chiedendo agli anziani di aiutarci a ri-arredarli per trasformarli in luoghi di aggregazione».

Una scommessa ambiziosa perché, spiega Belotti, «le persone anziane che abbiamo incontrato fino ad ora sono molto felici di ricevere compagnia tra le mura di casa. Uscire invece per loro è più difficile, implica uno sforzo relazionale in più e molti non sono ancora pronti. Ci vuole tempo, ma noi siamo ottimisti». Anche perché, invitare le persone ad uscire significa offrire una nuova arma contro la solitudine. «Viviamo in una società dell’Io, la nostra sfida, nel nostro piccolo, è trasformarla nella società del noi e questo è possibile solo attraverso le relazioni».