«Bisogna partire dai bambini, è il modo migliore per aiutare gli adulti a conoscersi e a fare rete». Non ha dubbi Emanuela Losito, responsabile di WeMi, il progetto promosso dal Comune di Milano insieme a una rete di organizzazioni e sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo la scelta di focalizzare il primo servizio di welfare condominiale sui più piccoli è stata strategica. Protagonisti della fase di sperimentazione del progetto, infatti, sono stati i bambini e i genitori del primo condominio coinvolto, quello di Via Jacopini 14, uno stabile costruito negli anni trenta, nella Zona 8 di Milano, in cui vivono cinquantadue famiglie. Tutti i venerdì, da giugno a settembre, nel grande cortile condiviso del palazzo, due operatori hanno intrattenuto i bimbi che abitano qui, con giochi e laboratori.
«La decisione di partire da qui è stata il frutto di un processo di co-progettazione che ha coinvolto in prima persona i condomini. In questo è stata fondamentale la partnership con l’Associazione nazionale degli amministratori condominiali e immobiliari (Anaci)», spiega Losito. «Gli amministratori condominiali si trovano sempre più spesso a raccogliere i bisogni delle persone che abitano nei loro palazzi di competenza. Sono antenne territoriali importantissime». È stato proprio insieme ad Anaci, infatti, che WeMi ha identificato il condominio di Via Jacopini.
«Si trova in un quartiere in cui vi è un alto tasso di stranieri. Allo stesso tempo, qui vivono molte famiglie con figli piccoli, due gruppi con bisogni simili, facilmente aggregabili. Era il luogo ideale per la sperimentazione, anche perché molti dei condomini sono attivi nella loro comunità».
È così che gli abitanti del palazzo hanno iniziato a collaborare, per capire quali potessero essere le soluzioni ai propri bisogni. «Abbiamo organizzato una serie di laboratori, tenuti dai mediatori culturali e operatori esperti di conflitti», racconta Losito. «Sono subito emersi due bisogni fondamentali: migliorare il dialogo con le famiglie straniere, soprattutto cinesi, che spesso, proprio per problemi linguistici, non si attenevano alle regole condominiali e utilizzare di più le aree comuni». A questo punto si è inserito nel processo l’operatore di welfare condominiale WeMi, che ha aiutato i condomini a tradurre i propri bisogni in soluzioni.
La risposta per rendere più facile la vita alle famiglie, può essere solo condivisa".
«È stato un processo lungo, durato più di due mesi, ma le persone erano molto motivate. Da qui è nata l’idea di intervenire sul giardino, per abbellirlo e renderlo più vivibile e anche l’iniziativa di attivare dei momenti ricreativi per i bimbi del palazzo».
Ad occuparsi dello sviluppo dei progetti è stato coinvolto un raggruppamento temporaneo di organizzazioni che lavorano da tempo nel settore dell'assistenza domiciliare alla persona e della progettazione sociale e che fa parte della rete WeMi.
«Quando abbiamo iniziato a lavorare qui, la scorsa primavera, le aspettative erano molto alte», racconta Stefania Filauro di rta ACCANTO. «Per prima cosa, abbiamo tradotto le regole condominiali in tutte le lingue degli abitanti nel palazzo, una cosa semplice ma che non era ancora stata fatta, e poi siamo passati al cortile. C’era una grande voglia di riprendersi questo spazio comune e così è stato. Sono state messe delle panchine, abbiamo nascosto i cassonetti e, insieme ai condomini, è stato piantato un piccolo orto di erbe aromatiche».
Una scelta non casuale, quella di prendersi cura, per prima cosa, dello spazio.
«Sono i luoghi ad offrire le occasioni in cui incontrarsi. Senza spazi comuni, rimaniamo tutti chiusi in casa, ognuno da solo. Invece abbiamo bisogno di conoscerci, stare insieme e darci una mano», spiega Erika, che qui vive da dodici anni ed è mamma di due bimbi di 3 e 11 anni. È lei una dei condomini che ha più partecipato al processo di co-progettazione. «Milano è una città complicata per i genitori che, come me, non hanno i nonni vicini. Fino all’anno scorso, sul mio pianerottolo viveva un’altra mamma con bambini coetanei ai miei. Ci siamo aiutate moltissimo, tenendo l’una i figli dell’altra quando dovevamo andare al lavoro. Adesso che lei si è trasferita, il vuoto si sente», continua Erika. «L’esperienza dell’intrattenimento per bambini è stata preziosa. Hanno partecipato anche i compagni di scuola dei miei figli. È bello sapere che si possono mandare i bimbi a giocare all’aria aperta in sicurezza e poi mi ha fatto conoscere altre mamme. Queste iniziative sono importanti non solo per i bambini, ma anche per i genitori. In questa città bisogna fare rete».
La sperimentazione in Via Jacopini 14 non finisce qui. «Stiamo preparando una valutazione, per capire cosa ha funzionato di più e cosa si può fare per migliorare le cose», spiega Emanuela Losito. «Il lavoro continua. Sempre con WeMi, nel quartiere abbiamo facilitato l’attivazione di un servizio di sostegno allo studio condivisi. Diverse famiglie avevano espresso la necessità di avere qualcuno che aiutasse i figli a fare i compiti, ma non potevano permetterselo. Abbiamo deciso così di aggregare questi bisogni, attivando gruppi di tre bambini, così che l’operatore possa seguire tutti con attenzione e le famiglie possano dividersi la spesa. Sta avendo successo. È un’altra dimostrazione che la risposta per rendere più facile la vita alle famiglie, può essere solo condivisa».
Foto: Jelleke Vanooteghem