A Gonzaga un centro diurno per adolescenti con fragilità dove è nato un laboratorio di confezionamento di cioccolato, a Suzzara un bar dismesso diventato il fulcro di corsi di videomaking e ideazione di eventi territoriali, a San Benedetto Po un punto informativo di un ufficio comunale in cui prende piede una bottega di vendita di prodotti agroalimentari del territorio. Sono i primi tre social point nati dal progetto GiovenTu, sostenuto dal bando Welfare di comunità di Fondazione Cariplo e promosso in sei Comuni del basso mantovano facenti riferimento all’Ambito di Suzzara. “I social point sono luoghi fisici aperti a tutti, in particolare ai giovani, dove si coprogetta: si portano idee, si discutono e una volta stabilità la fattibilità, si realizzano”, spiega Manuela Righi, presidente della cooperativa sociale Tantetinte e project manager dei social point. A un anno dall’avvio di GiovenTu, sono tre gli spazi in piena attività e uno in apertura,
“una scuola superiore dove dalla prossima estate si alterneranno corsi e laboratori sul modello delle summer school con contenuti ideati dagli stessi alunni e dai facilitatori del progetto durante le assemblee scolastiche”, sottolinea Righi. Alla fine delle tre annualità del progetto i social point attivi saranno dieci.
Ma come viene decisa l’azione di ogni singolo social point? “Si creano gruppi territoriali che fanno riferimento a una cabina di regia formata dagli enti promotori di GiovenTu”, continua la project manager, “in questi gruppi ci sono tre facilitatori che affiancano un responsabile tecnico e uno politico del Comune coinvolto: sono loro che raggruppano i ragazzi e li affiancano poi nelle fasi successive”.
Il risultato è un processo partecipativo virtuoso che nel territorio ha visto un forte coinvolgimento di tutte le scuole, con i docenti in prima linea nel promuovere l’incontro tra gli studenti e i facilitatori del progetto. Sono almeno 20 i giovani, con età media di 16-17 anni, aderenti a ciascun social point, “con una presenza femminile lievemente superiore a quella maschile e una buona componente di persone di seconda generazione, ovvero nate in Italia da genitori stranieri, soprattutto indiani, marocchini, tunisini, pakistani e cinesi”.
Di origine cinese è per esempio Alessandro, un 19enne con una difficile storia familiare, utente del Camaleonte di Gonzaga, centro diurno per ragazzi fragili. “La sua è una storia vincente di integrazione e uscita dal disagio grazie anche al social point creato nello stesso centro diurno”, indica Righi. Qui il ragazzo è stato coinvolto come volontario ed è stato inserito in un progetto di avvio al lavoro che lo vede impegnato in un’attività di confezionamento del cioccolato, grazie ad un’azienda del luogo che, sensibilizzata dagli operatori del progetto, ha deciso di offrire piccole attività lavorative ai giovani del centro Camaleonte. “Alessandro è riuscito nel tempo a risolvere i problemi per cui era seguito dai servizi sociali e ora ha raggiunto l’autonomia personale, riuscendo anche ad uscire da una condizione di isolamento che accomuna spesso giovani della sua comunità d’origine”, aggiunge Righi. Anche il secondo social point, quello che ha preso piede in un bar dismesso in pieno centro a Suzzara messo a disposizione dell’ex proprietario, è un luogo d’eccezione: “rimane aperto gran parte della giornata in completa autogestione da parte dei giovani che vi entrano dopo avere fatto una tessera: sono stati installati computer, il wifi e ha preso il via anche un laboratorio musicale”, illustra la project manager. La bottega turistica di San Benedetto Po sta riscuotendo altrettanto successo: “oltre ai prodotti agroalimentari, si stanno mettendo a punto itinerari di turismo locale in vista delle prossime stagioni”, proprio perché è stata intercettata una domanda turistica in tale direzione. Un passo alla volta, i social point stanno diventando un punto di riferimento sul territorio, dove i giovani riescono a costruire nuove relazioni e ad esprimere le proprie potenzialità grazie al supporto dei facilitatori di GiovenTu.