L’aspettativa di vita è cresciuta ma spesso gli anziani, specie se malati, sono a rischio di solitudine, in città come nei territori di provincia e quando è presente la famiglia, si fa carico di piccole e grandi incombenze che invece potrebbero essere alleggerite grazie a una migliore vicinanza dei servizi e della comunità locale. E’ proprio per questo motivo che negli ambiti territoriali diSeriate e Grumello del Monte, in provincia di Bergamo, sono stati realizzati due Alzheimer Café, inaugurati a febbraio e aperti a tutte le persone affette da patologie dementigene, ai loro caregiver e familiari. L’iniziativa, che porta anche nella bergamasca un modello di intervento collaudato a livello internazionale, nasce all’interno di “Invecchiando s’impara”, il progetto sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo, che coinvolge entrambi gli ambiti territoriali e che al suo interno ha diverse azioni tutte mirate a garantire agli anziani un invecchiamento attivo e una buona qualità della vita grazie al ripensamento dei servizi esistenti e all’attivazione di comunità.
«L’idea è nata a partire dalla constatazione che, in questi territori non c’erano offerte di servizi che potessero accogliere i malati e i loro caregivers», spiega Silvana Marin, medico al CDI “Arioli-Dolci” di Treviolo e responsabile degli Alzheimer Café. Che continua: «Sulla base dell’analisi del territorio, sono stati scelti (in base a caratteristiche dei luoghi e servizi) un comune per ogni ambito: Albano Sant’Alessandro per l’ambito di Seriate e Chiuduno per l’ambito di Grumello del Monte. Ad Albano S. Alessandro si è messo a disposizione il bar all’interno del Centro Sportivo Comunale e a Chiuduno il Centro Anziani. L’Alzheimer Café di Albano è aperto tutti i giovedì pomeriggio, quello di Chiuduno tutti i mercoledì mattina».
I malati sono riconosciuti come persone che, come gli altri, vivono il loro territorio e le relazioni.
Negli spazi sono sempre presenti un’educatrice e un operatore socioassistenziale, coordinati nella programmazione delle attività quotidiane dalla dottoressa Marin. In base alle programmazioni ogni settimana si decide poi di coinvolgere una terza figura come l’infermiere, il fisioterapista, l’arte-terapista, la psicologa, il medico; il lavoro di gruppo è un elemento fondamentale, e anche la presenza di volontari di tutte le età. «Le attività vengono programmate mensilmente tenendo in considerazione le richieste delle famiglie (attualmente una quindicina) che frequentano i gli spazi e i bisogni da loro espressi. Mantenendo delle attività fisse ed altre a rotazione possiamo fornire dei momenti di formazione informale e di supporto sia ai caregiver che al malato; ad esempio durante le aperture si cerca di garantire la condivisione e l’ascolto attivo dei caregiver, i momenti di stimolazione cognitiva, motoria, e sensoriale per i malati e un momento di socializzazione/riflessione insieme», commenta Silvana Marin .
«Gli Alzheimer Café - aggiunge - si inseriscono nella rete dei servizi territoriali ma vogliono essere un nodo in più della rete, una risorsa per quelle famiglie e quei malati che non sono abbastanza gravi da accedere ai servizi residenziali, ma che hanno comunque una malattia in fase iniziale o in fase intermedia, essere un luogo di accoglienza e socializzazione, dove non sentirsi diversi e isolati, dove scaricare le fatiche, le ansie e la solitudine quotidiana magari proprio davanti a una tazza di caffè. Ha anche il valore di creare cultura nella comunità locale, dove se un gruppo di malati di demenza insieme ai loro caregiver e al personale vanno a bere un caffè al bar o a fare una passeggiata nel centro storico o nel museo, vengono prima di tutto riconosciuti come persone che, come gli altri, vivono il loro territorio e le relazioni».
Gli Alzheimer Café, come altre risposte che stanno nascendo nel progetto “Invecchiando s’impara” danno la possibilità ai malati e alle famiglie di questi comuni di avere sempre più opportunità di accoglienza, supporto, formazione e socializzazione per far sì che l’anziano rimanga il più a lungo possibile all’interno del domicilio, facendo crescere un territorio “amico della demenza”.