Periferie: la rinascita parte da una casa per la comunità

Nella periferia sud di Milano una struttura comunale è diventata il luogo d’incontro della comunità locale, per ricostruire i legami e tessere relazioni

Data di pubblicazione: 12 Aprile Apr 2018 1505 12 aprile 2018

A volte i legami veri si intrecciano nei luoghi più difficili. Ne è la prova il progetto Texére, sostenuto dal bando Welfare di comunità di Fondazione Cariplo, che significa “Insieme per tessere legami”. Immaginate un comune nella periferia sud di Milano dove vivono circa 60mila persone. La bellezza della città vicina si perde negli stradoni grigi di Rozzano, eppure le dividono solo pochi chilometri. Però la bellezza si può ricostruire ed è da questa consapevolezza che sono partiti i soggetti che partecipano a Texére: lo scorso 18 novembre a Rozzano è stata inaugurata “La casa per fare insieme”. «Le persone si ingaggiano prima di tutto con la bellezza», dicono Stefano Panzeri e Giusi Baldanza della cooperativa arti e mestieri sociali che si occupa della gestione della casa. «E credeteci, in questo comune di bellezza c’è bisogno».

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Ed è per questo che nella casa non mancano giochi e colori: dalle librerie della struttura comunale fanno capolino i giornali di Linus e i vari Harry Potter.

Le persone si ingaggiano soprattutto con la bellezza. E in questo comune di bellezza c'è bisogno.

Stefano Panzeri e Giusi Baldanza, responsabili de La Casa Per Fare Insieme

La sfida complessiva è su due fronti: da un lato favorire la costruzione e la ritessitura di legami familiari e sociali più attenti all'ascolto delle necessità dei bambini e al riconoscimento delle difficoltà delle famiglie, al fine di consentire percorsi di crescita, riparazione e autonomia, restituendo alle famiglie stesse protagonismo nel fronteggiare le difficoltà. Dall’altro lato ci si propone di spostare la finalità degli interventi del servizio sociale dalla riparazione alla prevenzione secondaria, superando l'ottica di intervento professionale e chiamando in causa la comunità come attore nel farsi carico delle situazioni di negligenza e scarsa cura verso i minori. La casa ha aperto quattro mesi fa, però il lavoro con la comunità è iniziato prima: «Tramite i servizi sociali e le associazioni attive sul territorio», continuano Panzeri e Baldanza, «abbiamo intercettato le famiglie prima dell’inaugurazione della struttura. Gli abbiamo chiesto “Cosa manca al vostro Comune? Di cosa avete bisogno?”». Ed è da questo dialogo e dallo scambio tra gli operatori e le persone che sono state pensate e co-prodotte le attività della Casa per fare insieme.

«Le due attività principali», continuano gli educatori, «si svolgono il lunedì e il giovedì pomeriggio». Il lunedì arrivano in casa circa 15 bambini della scuola materna e primaria accompagnati dai genitori per il progetto “Casa dolce casa” e dopo il momento della merenda, due giovani volontarie, Giulia e Lezina, organizzano corsi di danza per i bambini. Il giovedì pomeriggio è dedicato allo “spazio compiti” dei bambini delle scuole medie, che sono seguiti da altre due volontarie, Barbara e Maria e dopo che è «finita la fase “scuola”», dicono Panzeri e Baldanza, «iniziano i vari laboratori teatrali».

Una volta al mese nella casa è inoltre aperto lo sportello di educazione finanziaria. «Attraverso lo strumento della prossimità affianchiamo quelle che chiamiamo le famiglie più “competenti” a quelle più “fragili” in modo che si trasmettano praticamente gli strumenti per imparare a gestire il denaro».

In questo luogo un po’ magico le lingue si confondono: «ci sono i cittadini di Rozzano ma anche “i nuovi cittadini” che arrivano dall’Algeria, dalla Tunisia, dalla Costa d’Avorio, dall’Egitto. Siamo molto contenti che ci siano anche famiglie straniere con noi perché significa che stiamo facendo un buon lavoro, infatti, di solito, sono proprio loro le più difficili da ingaggiare. C’è molta più diffidenza».

Insieme agli appuntamenti fissi mensili, si stila un programma delle iniziative che si svolgeranno durante il mese: «Anche queste», continuano gli educatori, «nascono dal confronto e dalle esigenze delle famiglie che frequentano la casa. A febbraio, ad esempio, c’è stato l’aperitivo di presentazione dell’associazione “One Parent”, un modo per mettere in relazione i genitori e scambiarsi consigli, supporto e opinioni sui piccoli e grandi problemi della genitorialità al singolare. O ancora il sabato organizziamo le “letture ad alta voce”. Spesso i bambini e i genitori che vengono qui non sono abituati alla “lettura come tempo da passare insieme” e solo dopo scoprono la bellezza di avere un libro a disposizione che può aprire gli orizzonti». Le famiglie e i ragazzi vengono intercettati anche grazie ad una collaborazione con le altre associazioni del territorio, o segnalati dalla scuola e dai servizi sociali.

L’idea del progetto però non è quella di chiudersi dentro la casa ma di aprirsi all’esterno e agli altri. E soprattutto recuperare quella dimensione di comunità che sembra essersi persa. «C’è un gran bisogno di stare insieme. La nostra speranza è che da qui a tre anni il progetto sarà in grado di camminare da solo, con le proprie gambe. Vogliamo passare il testimone alle persone, che siano loro a gestire la struttura».