L’emergenza casa si risolve anche attivando la comunità

Cohousing, mutuo aiuto, educazione finanziaria tra le ricette sperimentate in provincia di Varese per aiutare chi è in difficoltà abitativa

Data di pubblicazione: 28 Maggio Mag 2018 1013 28 maggio 2018
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«Superare la logica dell’emergenza, toccando il cuore di situazioni di vulnerabilità che sul tema della casa trovano le principali criticità di risposta». È questo il principale obiettivo dell’asse casa di Revolutionary Road, il progetto sostenuto dal bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo, che coinvolge 18 comuni, nel territorio di Gallarate e Somma Lombardo, in provincia di Varese, nell’hinterland dell’aeroporto di Malpensa. Proprio nell’ambito della casa, Revolutionary Road «ha attivato 128 progetti individuali per soggetti con morosità in ambito abitativo», spiega Sandro Massi, coordinatore del progetto. Sull’asse-casa, prosegue Massi, Revolutionary Road «si è ritagliato un ruolo di politica attiva, legando il proprio intervento alla ricerca di abitazioni per persone in difficoltà e che necessitano di un alloggio».

Revolutionary Road non si limita solo a questo: chi si trova in difficoltà abitativa «può rivolgersi a noi per partecipare a gruppi di auto mutuo aiuto, dove è possibile condividere i problemi e cercare insieme soluzioni pratiche e veloci. Oppure, visto che i problemi legati all’abitare sono spesso di natura economica, può seguire un percorso di accompagnamento verso una corretta educazione finanziaria, per contenere le spese ed evitare gli sprechi. O ancora – questo aspetto riguarda chi ha un reddito ma non una casa di proprietà - può chiedere un aiuto per un canone d’affitto a prezzi più bassi di quelli del mercato. La zona grigia della fragilità si sta allargando e gli interventi devono fare sistema fra loro».

Quattro sono i punti dell’azione sociale di Revolutionary Road in ambito abitativo: «prima si valuta il problema, poi si valutano le risorse della persona;in seguito si rafforzano le sue competenze;e per sei mesi accompagniamo il soggetto, dietro il quale spesso c’è un nucleo familiare».

L’iniziativa più recente messa in campo nell’asse casa riguarda il coabitare, partita a marzo 2018.

«Si tratta di percorsi di coabitazione basati sul principio di reciproco aiuto e solidarietà fra chi ospita e chi è ospitato. L’obiettivo è ridurre i costi dell’abitare, mettendo in relazione soggetti».

Il gruppo di lavoro sul coabitare è stato costituito, il programma operativo è stato steso, l’azione, nella rete di Revolutionary Road, per competenza, è in capo all’associazione Auser Insieme per Gallarate. E i primi casi cominciano ad arrivare.

«L’azione», osserva il coordinatore, «prevede di arrivare a 10 coabitazioni attivate nei prossimi 18 mesi, ma nelle prime settimane ci sono arrivate 3 richieste di colloquio». Tre casi in fase di valutazione che riguardano «proprietari di immobili, in particolare una signora anziana autonoma». Una signora che ha già parlato con la famiglia, con gli operatori, con il figlio «per poter fare questo passo importante».

La signora, anziana, è proprietaria di una casa e vorrebbe ospitare qualcuno per evitare di essere sola. Gli altri casi riguardano invece «proprietari immobiliari in difficoltà economica che non riescono a far fronte alle spese di gestione dell’immobile. Avendo una stanza a disposizione, vorrebbero avere una compartecipazione dei costi».

La motivazione che spinge a valutare il passo del coabitare per ora fa emergere questa fragilità: «difficoltà di sostenere dei costi per un’abitazione comunque di proprietà, da una parte, e il timore della solitudine dall’altra», racconta Massi. «Pensavamo di trovarci con un problema di reperimento di unità abitative – prosegue – ma dai primi casi emerge una tendenza diversa: a chiedere il nostro intervento sono, a oggi, soprattutto persone con la casa di proprietà».

L’azione di Revolutionary Road nel campo del cohousing è anche qui facilitata dalla mediazione di operatori sociali sul territorio, che intervengono non solo per valutare il bisogno ma anche per sciogliere i primi nodi legati alla difficoltà di chi chiede un intervento. Superata questa fase iniziale e avviato il percorso di coabitazione, parte il periodo di prova di un mese. «Nel primo mese emergono le eventuali tensioni e i problemi. Dopo questo primo scoglio iniziale, senza elementi ostativi la coabitazione solitamente tiene».

All’interno del contratto di coabitazione conclude Massi, si chiarisce che non ci debbano essere prestazioni corrispettive mascherate: «i contratti sono di comodato, con o senza oneri, ma in un’ottica di condivisione delle spese effettivamente sostenute, quindi non di controprestazione economica. La nostra è un’azione di welfare che stimola un abitare socialmente responsabile ecollaborativo. L’innovazione secondo noi sta in questo».