«Non mi aspettavano tutta questa popolarità. La signora seduta al mio fianco sull’aereo da Milano a Londra quando ha sentito che ero inglese mi ha detto che mi aveva visto al telegiornale. Mi ha chiesto: ”Sei tu il ragazzo della Valtellina, quello dei pizochari”? ». Questo è l’epilogo dell’estate italiana di James Robson, 23 anni, neolaureato di Newcastle, diventato famoso sui media come “il ragazzo alla pari per la comunità che ha imparato a fare i pizzoccheri”, o i “pizochari” come dice lui.
È una storia che ha tracciato un filo tra Grosotto-un piccolo paese di montagna, milleseicento anime nascoste tra i boschi della Valtellina e “lontano da tutto” e l’Inghilterra, ma soprattutto reso più salda la trama di legami e relazioni all’interno di una comunità. Partiamo dall’inizio: è primavera quando quattro mamme di Grosotto si candidano per il bando “Tutti in Pista” promosso da Sbrighes, il progetto di Welfare di Comunità sostenuto da Fondazione Cariplo. Nel territorio di Tirano, una zona montana sempre più spopolata, Sbrighes punta a trasformare 12 comuni in un posto vivo dove poter costruire un futuro. «Tutti in pista è dedicato ai giovani, ma anche alle famiglie per favorire la conciliazione del tempo di cura e lavoro», racconta Maria Teresa Dell’Avanzo, local coach sul territorio: «Le famiglie che si aggregano e fanno proposte che possono dare risposte ai loro bisogni ma anche a quelli della comunità, vengono premiate con un premio per coprire le spese».
E nel mondo global, anche se lo vedi dalla Val Grosina, l’inglese è sempre più un bisogno: «Mandare i figli in Inghilterra durante l’estate è molto costoso. Per chi ha più figli come me diventa economicamente davvero impegnativo» dice Tiziana Da Prada. Come fare allora? “Tra tradizione e apertura… un ragazzo alla pari per la comunità” è nato così: «Le mamme si sono fatte carico di un’organizzazione complessa: hanno contattato un’agenzia per la scelta del giovane ragazzo alla pari inglese, hanno identificato un appartamento in cui alloggiarlo, immaginato un calendario condiviso per offrirgli i pasti a turno a casa propria e costruito un impianto per fornire un’esperienza accattivante per i ragazzi delle scuole medie del territorio, che coinvolgesse più ampiamente anche la comunità (Oratorio, protezione civile, Amministrazione comunale, ProLoco, Gruppo Alpini etc.). Con l’intenzione di promuovere un’esperienza di apertura culturale e linguistica inusuale per un piccolo paese montano» spiega Dell’Avanzo.
Quando ho letto il profilo di James sul sito di un’agenzia di au pair è stato “amore a prima vista”. Tutti i candidati mettevano un limite ai ragazzi che avrebbero potuto seguire, lui no. Noi del gruppo avevamo 6 ragazzi e poi c’era il paese da coinvolgere.
E così il 1 luglio a Grosotto è sbarcato James: «Gli avevo detto subito quando ci siamo scritti per la prima volta che se cercava vita mondana la Valtellina non era il posto giusto. Ma a lui per fortuna non interessava. Tutti i pomeriggi dal lunedì al venerdì gestiva il gruppo più ristretto dei nostri sei ragazzi e poi c’erano le attività allargate: le cene, lo sport in oratorio, abbiamo anche rigenerato uno spazio comunale abbandonato: sistemato il prato, dipinto le panchine. Alle cene non venivano solo le famiglie, ma anche le persone anziane di Grosotto, sono stati momenti bellissimi, siamo un paesino sperduto tra i monti, non ci sono tante occasioni così. James ha compiuto il miracolo di riunire un paese… e di staccare i ragazzi dai cellulari!».
«Non avevo la minima idea di dove fosse Grosotto» aggiunge James: «quando l’ho googlato mi è uscito Grosseto. E non immaginavo che fosse un paese così piccolo ma era la prima volta che mi proponevo come au pair ed ero alla ricerca di un’esperienza speciale ed è stato proprio così. Oltre ad aver conosciuto le abitudini, la gente, la cucina di una zona meno conosciuta dell’Italia, mi sono sentito accolto da un paese intero. Non solo dalle famiglie che mi ospitavano, ma dai negozianti, dal parrucchiere, dal panettiere, tutti si presentavano, tutti avevano voglia di scambiare due parole con me. E alla fine di queste cinque settimane penso che tutti ci abbiano guadagnato e abbiano imparato qualcosa, io per primo».
Una storia di cui i giornalisti si sono innamorati e che ha catapultato James, il “ragazzo della comunità e dei pizzoccheri”, sulle pagine dei quotidiani e nei telegiornali. Ma i pizzoccheri perché? «A pranzo James e i ragazzi cucinavano insieme nella mia taverna, hanno sperimentato un sacco di piatti, facevano tutto loro, però coi pizzoccheri un po’ li ho aiutati» conclude Tiziana. «Ci manca molto, anche se continuiamo a scriverci. So che ha fatto un colloquio di lavoro che è andato bene e poi mi ha mandato le foto delle crespelle preparate da lui, che però mi sembrano siano venute un po’ meno bene».