Da chi ho preso i miei occhi, ogni bambino ha diritto alla sua storia

Insieme alla casa editrice Carthusia nasce un kit per accompagnare bambini e ragazzi a ricostruire la propria identità

Data di pubblicazione: 9 Dicembre Dic 2019 1548 09 dicembre 2019
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Ogni bambino ha diritto alla sua storia.

Patrizia Bergami, referente Texére

Questa storia comincia due anni e mezzo fa quando una famiglia, in carico ai servizi sociali del comune di Rozzano, viene aiutata da un’assistente sociale a raccontare sotto forma di favola il proprio caso di affido.

L’assistente sociale è Ornella Faranda, con esperienza pluriennale su affidamento e adozione in Gran Bretagna e lo strumento è il Life Story Book, uno strumento innovativo utilizzato in Inghilterra per l’ascolto dei bambini e dei ragazzi, per aiutarli a ricostruire i fili della propria storia.

Lo strumento si rivela subito prezioso ed è allora che Ornella Faranda contatta la casa editrice Carthusia,specializzata in letteratura per l'infanzia con un’attenzione particolare ai temi sociali, e propone di riadattare ilLife Story Book, grazie anche al contributo dello psicoterapeuta Domenico Barrilà e l’assistente sociale Margherita Gallina.

Così nasce il Kit “Da chi ho preso i miei occhi”, uno strumento per operatori, assistenti sociali, psicologi ed educatori, sperimentato nell’ambito di Texére, uno dei progetti della terza edizione del bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo, che ha l’obiettivo di favorire la ritessitura di legami familiari e sociali nel Distretto 6, Pieve Emanuele e nel Distretto 7, Rozzano, della Città Metropolitana di Milano.

Il kit contiene una guida rivolta a operatori sociali, educatori e genitori, e tre quaderni personalizzati in relazione a tre fasce d'età, con un unico obiettivo: accompagnare bambini e ragazzi che vivono condizioni familiari difficili, frammentarie o interrotte, a costruire o ritrovare un significato temporaneamente smarrito. Il quaderno potrà aiutare un bambino a riavvicinare un genitore o può essere l’anello di congiunzione tra la famiglia di origine e la famiglia affidataria.

La chiave di volta è il punto di vista dei bambini.

L’assistente sociale Martina Travia parla di un vero e proprio cambio di prospettiva del lavoro sociale. “Ci siamo resi conto che strumenti classici come i colloqui individuali o le visite domiciliari non riuscivano a rendere protagonista il bambino.”

Da chi ho preso i miei occhi è uno strumento potente che mette al centro la voce del bambino.

Martina Travia, assistente sociale
Schermata 2019 12 09 Alle 15
Schermata 2019 12 09 Alle 15

Finora il kit è stato sperimentato con circa venti bambini, prevalentemente per affrontare casi di affido e separazioni conflittuali, quando per un minore le emozioni sono tante e difficili da decifrare.

Tramite delle domande semplici, “Cosa mi piace, quali sono i miei luoghi, chi sono io in questo momento e cosa vorrei diventare?” il kit li aiuta a incasellare le emozioni e a costruire la propria identità. Si parte dal presente per poi voltarsi indietro e infine proiettarsi nel futuro desiderato.

Per fare sì che si instauri un clima di fiducia, gli assistenti sociali incontrano i bambini in luoghi accoglienti e positivi, come la Casa per fare insieme di Rozzano, uno degli spazi Texère dedicati alle famiglie, e lasciano che sia loro a decidere i tempi, i modi e chi coinvolgere. In questo modo l’assistente sociale non è più quello che arriva per allontanarti dalla famiglia ma è la persona che è lì per ascoltarti e aiutarti.

Emozionante e significativa la testimonianza di Luca.

“Mi chiamo Luca e all’adulto che ho vicino vorrei chiedere di donarmi leggerezza. Sono piccolo, ma la mia valigia può pesare il doppio del mio peso e sarei contento se tu mi potessi aiutare a dividere il carico del mio bagaglio. Stare è uno dei miei verbi preferiti. Stiamo con leggerezza così da poter attraversare tutte le profondità!”

È appena partita una sperimentazione anche nelle scuole. Nelle classi, gli insegnanti, prima formati e successivamente supportati dagli operatori Texère, potranno lavorare in gruppo per favorire il delicato passaggio da un ciclo scolastico all’altro, o supportare il ragazzo a scegliere tra le varie opportunità formative,contribuendo a rafforzare la loro identità.

Perché ogni bambino ha diritto alla sua storia, alla sua identità e a un po’ di leggerezza.