L’emergenza da Coronavirus ha avuto e sta avendo effetti devastanti sul mercato del lavoro: il quadro presentato dall’ultimo rapporto Istat ha evidenziato il calo più ampio nella serie storica dal 2004. In questo contesto, le persone fragili sono ancora più a rischio.
Valoriamo, uno dei progetti della quarta edizione del bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo che interviene nei distretti di Lecco, Bellano e Merate, promuove il lavoro con l’obiettivo di dare risposte alla marginalità sociale. In questi mesi di pandemia, Valoriamo (che coinvolge una rete di trenta soggetti: cooperative, associazioni, enti pubblici, associazioni di categoria, enti non profit, del terzo settore e sindacati) ha ideato un progetto sperimentale per abbattere il muro del divario digitale, messo in luce con forza dall’emergenza da Covid-19: chi non ha gli strumenti e le conoscenze per accedere ai sistemi digitali, infatti, ha meno possibilità di sviluppo personale e professionale. Insieme a Centro Servizi Volontariato Lecco Monza Sondrio, l’Informagiovani di Lecco e il FabLab di Piazza L’idea ha lanciato una campagna di people raising di volontari con competenze in ambito digitale per aiutare chi si trova in svantaggio economico sociale e culturale a colmare il gap digitale.
Il progetto è partito a dicembre e hanno aderito 13 volontari. A ognuno è stato affiancato un/a beneficario/a. Tra chi l’ha ideato, c’è Silvia Brocchi, che segue il fundraising e people raising di Valoriamo: «L’idea è nata durante un confronto con Mestieri Lombardia che è capofila del progetto e si occupa della presa in carico delle persone vulnerabili alla ricerca di lavoro. Prima della pandemia i beneficiari potevano incontrare di persona il loro tutor di riferimento, per cui l’accesso agli strumenti digitali e alle informazioni sul web era reso possibile grazie alla mediazione diretta nella sede di Mestieri Lombardia. Molti beneficiari, infatti, non possiedono i computer e la maggior parte non sa utilizzarlo in maniera funzionale alla ricerca del lavoro. Quando la pandemia ha costretto tutti noi a casa e gli appuntamenti settimanali in presenza sono saltati, la prima difficoltà che si è manifestata ai tutor è stata il riuscire a guidare i beneficiari da remoto nella ricerca di annunci e nell’invio delle candidature: cose che sembrano banali, come allegare il CV nelle e-mail, erano diventati veri e propri ostacoli, con conseguente frustrazione e rinuncia da parte della persona. Ci siamo resi conto che c’era un reale bisogno di alfabetizzazione digitale e così è nata la campagna per trovare volontari digitali a distanza. La risposta è stata ottima ma prima di partire abbiamo ragionato e lavorato con i nostri volontari sulle competenze utili da mettere in campo, ma anche sulle aspettative dei beneficiari per capire come impostare gli incontri».
Il gruppo di volontari che ha iniziato il percorso è veramente molto eterogeneo e intergenerazionale e lo sono anche i beneficiari: sono persone sia italiane che straniere di diversa età, da ragazzi giovani a persone più adulte. Per esempio c’è un uomo che prima aveva un’azienda di famiglia che ha chiuso e si è trovato disoccupato in età avanzata, c’è una donna nigeriana con 4 figli, un ragazzo tunisino, persone con disagi mentali. Questa eterogeneità ha rappresentato una ricchezza per tutti, perché ciascuno ha saputo portare avanti l'esperienza a suo modo
Maria Rosa Manca, responsabile del settore ambiente di una cooperativa sociale, è una delle volontarie: «io e il mio compagno abbiamo visto questa chiamata sulla pagina Facebook e ci è piaciuta subito l’idea di mettere a disposizione il nostro tempo e le nostre competenze. Sono stata abbinata a un ragazzo di 35 anni. Lui non ha il computer e non ha modo di comprarlo perché ha una situazione finanziaria molto precaria. Ci incontriamo due volte alla settimana su Zoom e io gli insegno come allegare il curriculum, trasformarlo in pdf, gli mostro i siti dove trovare lavoro.
Lui vorrebbe essere impiegato nella sorveglianza ma non ha la patente. Sto cercando di aiutarlo anche a cambiare le sue prospettive e non focalizzarsi su un unico obiettivo: guardiamo gli annunci come magazziniere, per esempio. Cerco di fargli capire che l’importante è iniziare, che magari il primo non sarà il lavoro della sua vita. Si è creato un rapporto che va oltre l’aspetto della digitalizzazione, parliamo tanto, mi racconta di lui e mi sembra che, da quando ci incontriamo, sia un po’ più fiducioso nelle sue capacità. Lui ha voglia e bisogno di lavorare, vive con la mamma malata e con la zia. So che il momento non è dei migliori per trovare un impiego e vivo insieme a lui la frustrazione di non esserci ancora riusciti, ma cerco sempre di dargli speranza e di dirgli che non dobbiamo demoralizzarci. Io sono sarda e di famiglia coltiviamo la terra, anche se ora faccio un altro mestiere e vivo in un appartamento sono una contadina nell’anima e cerco di trasmettergli che quello che conta è continuare a seminare».
Carlotta Mallone ha 19 anni ed è la più giovane del gruppo dei volontari: «dopo il liceo ho deciso di prendermi un anno sabbatico per fare cooperazione in Sud America. Ma a causa della pandemia non sono potuta partire, così ho cercato un progetto di volontariato nella mia zona. All’inizio mi sembrava strano fare volontariato online ma poi mi sono detta che tempi estremi richiedono soluzioni estreme. A novembre 2020 sono iniziati gli incontri per conoscerci tra volontari e per creare il gruppo e a metà dicembre sono partita. Mi hanno affidato una ragazza di 23 anni: confesso che ero un po’ preoccupata, avevo paura di non essere all’altezza, io stessa ho scritto il mio cv la prima volta a settembre. Ma con Nirmine ci siamo trovate subito. Abbiamo iniziato ad arricchire il suo cv, abbiamo preparato varie lettere di presentazione, iniziato a navigare i siti per la ricerca di lavoro. Ho capito che lei aveva bisogno di una spinta, le dicevo: “Mandiamo 20.000 candidature anche se non rispondono, vedrai che prima o poi qualcuno risponderà”».
Abbiamo cercato in diversi ambiti, nei supermercati, nel settore pulizie e della ristorazione, anche come lavapiatti. Insieme a lei, mi sono resa conto di quanto sia difficile per noi giovani trovare lavoro. È stata una bellissima esperienza umana che voglio ripetere appena avrò di nuovo tempo e che ho consigliato a tutti i miei amici.
Anche per Nirmine Mansour, 24 anni, l’incontro con Carlotta è stato importante: «vivo da quattro anni in Italia e parlo l’italiano però non lo so scrivere molto bene. Io sono marocchina ma sono cresciuta in Libia e poi, a causa della guerra, sono fuggita in Italia con mia madre. Siamo arrivate qui con il barcone, è stata un’esperienza terribile. Adesso viviamo a Lecco, in un centro di accoglienza. In Libia avevo finito le superiori, ma qui in qualche modo ho dovuto ricominciare tutto da capo, a partire dalla lingua. Il lavoro è un problema costante: trovo un posto ma solo per pochi mesi, sostituzioni estive, cose così e ora con Il Coronavirus è tutto più complicato. Carlotta mi ha aiutato molto, non sapevo scrivere una lettera formale, un curriculum e non conoscevo i siti di ricerca lavoro perché non ho mai avuto un computer. Spesso poi ci sono offerte per mansioni che magari sono in grado di portare avanti ma leggendo non capisco la richiesta».
Carlotta mi incoraggia sempre: in questa fase non ci stiamo più incontrando online perché lei sta lavorando ma ho imparato a muovermi da sola, sono molto più autonoma e comunque posso sempre chiamarla quando ho bisogno
Con l’aumento della disoccupazione e le misure di distanziamento, un livello base di inclusione digitale è diventato essenziale. E Il futuro post-Covid dipende anche dalla riduzione del digital divide.