Servirà tempo per valutare il reale impatto della pandemia sulla salute mentale dei giovani, ma tutti gli studi internazionali e nazionali evidenziano un nesso tra le restrizioni imposte dal distanziamento sociale (unite alla minor possibilità di accesso ai centri di cura) e l’aumento di disturbi di tipo psichiatrico tra i ragazzi. La sensibilizzazione della comunità sul tema del benessere mentale e la riflessione, da parte dei giovani, sul disagio vissuto in questo periodo e la progettazione di azioni sul territorio sono gli obiettivi di un’azione che aMIcittà-uno dei progetti sostenuti dalla IV edizione del bando Welfare di Comunità di Fondazione Cariplo-sta portando avanti insieme alle scuole superiori. aMIcittà (che opera all’interno del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano di Niguarda) nasce per promuovere lo sviluppo di una comunità accogliente e inclusiva, affiancando le persone con disagio psichico nel costruire il proprio progetto di vita e nel rappresentare una risorsa per gli altri. Cristina Savino (responsabile dei progetti e servizi per la salute mentale per la Cooperativa Lotta Contro l’Emarginazione) è la coordinatrice delle attività legate al budget di salute (progetti terapeutici riabilitativi individualizzati che prendono in considerazione la persona nel suo complesso e cercano di dare risposte sul piano abitativo, lavorativo e di inclusione sociale, grazie al supporto degli operatori e al coinvolgimento dell’ambiente esterno e della comunità) e si occupa del monitoraggio dell’attività degli ESP, ovvero gli Esperti in Supporto tra Pari, persone che hanno elaborato un proprio vissuto di difficoltà psicologiche personali come utente psichiatrico e che ora mettono a disposizione le proprie esperienze di vita con l’intento di essere d’aiuto all’interno di una relazione paritaria.
abbiamo pensato di coinvolgere la scuola più vicina a Niguarda, ovvero l’Istituto Russel, con due scopi: sensibilizzare i giovani al tema della salute mentale perché diventassero agenti di cambiamento e trovare volontari giovani per supportarci nelle attività di sensibilizzazione del territorio. Ci sembrava molto forte l’idea che i giovani potessero farsi da portavoce di un’idea di salute mentale culturalmente diversa
Prima della pandemia abbiamo avviato una serie di laboratori in 14 classi in cui gli educatori e gli ESP parlavano di salute mentale, raccontando la loro storia. Abbiamo ragionato insieme ai ragazzi che hanno elaborato modelli per individuare quelli che, in base alla loro esperienza, ritenevano fattori di protezione, come gli amici e la musica, e di rischio, come la pressione scolastica, il timore di essere presi in giro sui social. I ragazzi hanno reagito molto bene e si sono sentiti legittimati a condividere i loro momenti di fragilità. Tutto questo succedeva prima della pandemia.
Quest’anno siamo tornati a scuola e abbiamo dialogato con la coordinatrice del PCTO che ci aveva seguiti fin dall’inizio del progetto per capire se potevamo riproporre l’esperienza della prima annualità ma quello che è emerso immediatamente è stato un grido di aiuto, lei ci ha detto “i ragazzi stanno malissimo, che cosa potete fare per noi?”
Abbiamo capito che non sarebbe bastato il modello della prima esperienza e abbiamo pensato di attivare un percorso di co-progettazione della versione “young” del percorso “Trova la via.. oltre la Pandemia” che avevamo già sperimentato con gli adulti Tre giardini per uscire dall'isolamento. Si tratta di un percorso esperienziale rivolto alla cittadinanza sui disturbi derivanti dal lockdown, con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della salute mentale. L’idea era nata dalla consapevolezza che le persone stavano male, stavano sperimentando stress e fragilità e avevano bisogno di azioni concrete da mettere in campo per calmare stress e paura. Così ci siamo inventati un percorso in cui gli ESP accoglievano le persone nel CPS di Niguarda e facevano loro esperire sei tappe: per esempio “l’incubo” era una stanza buia con ragnatele e musiche inquietanti. All’uscita un’operatrice spiegava come ristabilire il benessere notturno. Ne abbiamo parlato con gli studenti e loro si sono entusiasmati all’idea di progettare una versione young del percorso e di parlare di salute mentale agli adulti e ai coetanei utilizzando il loro linguaggio. Insieme agli ESP e agli educatori abbiamo avviato i laboratori. Quasi da subito i ragazzi hanno ammesso di essere in profonda crisi, per alcuni transitoria, per altri patologica perché alcuni di loro hanno ricevuto una diagnosi di disturbo. Ci ha stupito che alcuni ragazzi abbiano voluto fare coming out davanti alla classe, sapevamo che la pandemia aveva avuto effetti molto faticosi, ma loro ci hanno portato un quadro molto complesso e un grado di sofferenza molto più elevato di quello che ci aspettavamo e che forse anche noi tecnici avevamo sottovalutato: alcuni sono entrati in carico ai servizi, due ragazzi che avevano una carriera di studi di tutto rispetto hanno lasciato la scuola. Per gli studenti è stato un grande sollievo poter dire che erano stati male, che la pandemia aveva portato loro via due anni di vita. Una delle ragazze ci ha raccontato che la prima volta che era potuta ritornare in un locale si era sentita a disagio, ci ha detto: “mi sentivo fragile e in pericolo”.
Per loro è stato bello capire che non era una sofferenza individuale, ma una cosa successa a una comunità: il senso di rielaborazione collettiva era il pezzo che mancava e loro sono stati grati di poter ricollocare quel pezzo
Elena Giallongo insegna filosofia e scienze umane all’istituto Russell di Milano ed è la refente del PCTO: «Gli incontri dei ragazzi con gli ESP avvenivano su Teams con cadenza settimanale. In ogni incontro c’era un ESP che raccontava le tappe del percorso, dalla caduta alla lunga e faticosa ripresa: era molto importante che i ragazzi conoscessero il progetto dalle loro voci e che potessero utilizzare questi momenti per mettersi in gioco ed elaborare il loro vissuto. La pandemia per loro è stata dolorosa, l’adolescenza è un’età in cui è molto difficile rinunciare ai rapporti con i coetanei e anche la DAD ha sgretolato relazioni costruite in anni di interazione diretta. I ragazzi si sono lasciati andare, hanno raccontato le loro esperienze, anche perché gli ESP sono stati bravissimi a favorire il loro coinvolgimento in un clima di assenza di giudizio, perché il giudizio è quello che purtroppo spesso associano alla scuola. Adesso siamo entrati nella parte più operativa, gli studenti sono andati a visitare il CPS di Via Cherasco dove il 30 giugno si svolgerà il percorso di “Trova la via… oltre la Pandemia-Young”. Hanno avuto tante idee per progettare le tappe e si sono mossi in maniera autonoma. Per esempio per la tappa dell’ “Incubo” hanno ideato attività di narrazione del loro malessere e degli strumenti che hanno utilizzato per venirne fuori attraverso i meme Instagram o Tik Tok.
Per il “Drum Circle” che rappresenta un momento in cui si cercano di mettere da parte i pensieri e si condivide il ritmo per divergere dalla fonte d’ansia, al posto degli strumenti musicali tradizionali utilizzeranno tutto quello che hanno usato a casa durante il lockdown per fare musica e cioè spazzole, pentole, mestoli, oggetti della vita quotidiana. Li vedo di nuovo sorridere, questo percorso è stato fondamentale perché tutti noi e soprattutto i ragazzi abbiamo bisogno di aprire gli occhi verso l’orizzonte e dare un senso a quello che c’è stato
L’appuntamento “Trova la via.. oltre la Pandemia-Young” si svolgerà il 30 giugno al CPS di Via Cherasco 7, a Milano. Chi ha voglia di partecipare a questa esperienza è il benvenuto! Tutti i dettagli a questo link https://www.amicitta.it/trova-la-via-oltre-la-pandemia-young/