Il futuro dei progetti di welfare comunitario

Ricognizione sulle ricadute dei progetti sostenuti da Fondazione Cariplo nell'ambito del programma WIA

Data di pubblicazione: 20 Luglio Lug 2021 1535 20 luglio 2021

Quali sono le eredità lasciate ai territori dai progetti sostenuti da Fondazione Cariplo tramite Welfare in Azione? Quali le sfide e le opportunità che i territori hanno davanti per promuovere e sostenere un approccio generativo e comunitario quale asse portante per lo sviluppo delle politiche sociali locali? A fine 2019, giunti a metà del percorso del Programma Welfare in Azione e in concomitanza con la chiusura dei progetti della prima e seconda edizione, Fondazione Cariplo ha incaricato Lombardia Sociale di svolgere un lavoro di ricerca con l’intento di comprendere il segno lasciato dalle progettualità sui territori, in termini di ricadute sulla programmazione zonale e di continuità/sostenibilità degli interventi.

In questo contributo di Silvia Brena, Elisabetta Dodi, Cecilia Guidetti e Alice Melzi, componenti del team di lavoro, sono pubblicati gli esiti della ricerca "Il futuro dei progetti di welfare comunitario". Nel testo sono presenti i link agli articoli pubblicati su LombardiaSociale.it nel corso dei lavori e il link alla ricerca integrale.

Eredità, sfide e opportunità per il welfare di comunità

Nei precedenti contributi pubblicati è stata presentata la ricerca di LombardiaSociale.it e Fondazione Cariplo tesa a ricercare le tracce e le ricadute generate nelle politiche e nell’assetto dei sistemi di welfare locale dai progetti territoriali sostenuti attraverso il programma Welfare In Azione (WIA) (si veda l’articolo Il futuro dei progetti di Welfare comunitario). In particolare gli ultimi due articoli sono stati dedicati ad illustrare gli esiti dei quattro focus group realizzati tra maggio e luglio 2020 con i referenti dei progetti della prima e seconda edizione del programma e degli ambiti zonali, in merito alla capacità dei sistemi di territoriali di reggere e fronteggiare l’emergenza della pandemia (si veda l’articolo Il welfare comunitario alla prova del Covid-19) e a presentare alcuni approfondimenti in merito alle azioni messe in campo dai progetti della III e della IV edizione, ancora in corso o appena conclusi, per garantire sostenibilità ai progetti e lasciare tracce visibili nelle politiche di welfare territoriali (si veda l’articolo Welfare comunitario: come preparare la sostenibilità?).

Con questo contributo intendiamo riportare le principali conclusioni dell’intera ricerca in merito alle eredità lasciate ai territori dai progetti sostenuti da Fondazione Cariplo tramite Welfare in Azione e alle sfide e alle opportunità che i territori hanno davanti per promuovere e sostenere un approccio generativo e comunitario quale asse portante per lo sviluppo delle politiche sociali locali.

Ai seguenti link è possibile scaricare il report integrale di ricerca (https://bit.ly/Abstract_Ricerca_Futuro_welfare_comunitario) e l’abstract di sintesi dei principali contenuti (https://bit.ly/Ricerca_Futuro_welfare_comunitario).

Dai Piani di Zona ai progetti e ritorno

Come anticipato negli articoli precedenti, la ricerca è stata focalizzata sull’analisi dei Piani di Zona, e di altri documenti di programmazione, quali principali strumenti per verificare il radicamento delle sperimentazioni e delle innovazioni portate dai progetti nel quadro del welfare territoriale.

I Piani di Zona in Lombardia, che hanno intercettato i progetti della I e della II edizione, sono quelli relativi al triennio 2015/2017 e quelli del periodo 2018/2020. La connessione tra Piani di Zona e progetti WIA sembra essere stata favorita, almeno inizialmente, dalla coerenza delle linee strategiche del bando con le Linee guida emanate da Regione Lombardia per la quinta programmazione dei Piani di Zona, che assumevano come tema centrale il superamento della frammentazione del sistema, affidando agli Ambiti il perseguimento dell’obiettivo prioritario della ricomposizione. Coerenza meno stringente con le Linee di indirizzo per la programmazione sociale a livello locale 2018-2020 che, pur richiamando gli obiettivi di ricomposizione delle precedenti linee di indirizzo, si sono maggiormente focalizzate sull’attuazione della riforma istituzionale.

Guardando ai progetti conclusi, il 75%, ovvero 12 progetti su 16, hanno affrontato ambiti di intervento individuati come prioritari già nel Piano di Zona 2015-2018. Si tratta dunque di progetti nati in seno alla programmazione territoriale, dove l'occasione di Welfare in Azione pare essere stata quella di approfondire e sperimentarsi su tematiche già individuate come aree di bisogno e di priorità per le politiche del territorio.

Nella programmazione del 2015 le tematiche progettuali sono spesso nominate tra le priorità strategiche da affrontare con la nuova programmazione (la vulnerabilità crescente della popolazione a seguito della crisi, la disoccupazione giovanile e il fenomeno dei NEET, il presente e il futuro della cura della popolazione anziana…). I problemi trovano approfondimento nei Piani rispetto ai fenomeni che possono concorrere a spiegarli, alla lettura del dis-funzionamento del modo di affrontarli da parte del sistema tradizionale dei servizi e agli effetti che tutto ciò genera sulla popolazione target. In taluni casi la programmazione focalizza puntualmente la visione strategica che orienta le linee di intervento verso cui intende dirigersi l’azione pubblica. Si trovano richiami al cambio di paradigma necessario, da un welfare centrato sulla fragilità ad una visione legata alla promozione dei diritti; si citano prospettive di valorizzazione delle risorse delle persone e di promozione di reti collaborative, si guarda al pooling delle risorse e alla connessione con il mercato privato. In sostanza si richiamano quali priorità strategiche le medesime ipotesi richiamate anche alla base delle progettazioni Welfare in azione, in qualche caso facendo esplicito riferimento ai progetti, e talvolta richiamando anche le esperienze pregresse da cui le progettazioni hanno avuto origine.

Guardando alla programmazione 2018-20, sono sempre 12 su 16 i progetti richiamati. In questi casi, però, il riferimento al welfare di comunità e ai progetti cambia. Il focus su cui è centrato il richiamo alle progettualità è la “messa a sistema” di quanto sperimentato. La programmazione, dunque, delinea una prospettiva di stabilizzazione, che guarda tendenzialmente a due direzioni possibili:

· quella di dare continuità ad interventi e specifiche azioni che hanno trovato avvio grazie al progetto;

· ma talvolta anche quella del passaggio dalla fase di sperimentazione alla riorganizzazione del sistema tradizionale dei servizi. La nuova programmazione si pone dunque obiettivi più ambiziosi.

Più raramente, invece, il Bando ha alimentato progettualità non strettamente derivanti dalla programmazione zonale e su temi non specificamente individuati quali priorità dalle Amministrazioni locali. In questi casi difficilmente i progetti sembrano essere riusciti a colmare il gap e a incidere in modo significativo sulla nuova programmazione portando temi, approcci e metodologie al centro delle policies locali.

Si può quindi derivare da questa lettura il fatto che:

la forza dei progetti di radicarsi nelle politiche territoriali è strettamente connessa alla capacità di costruire una relazione biunivoca con la programmazione

Il team di ricerca

In questo senso, questi sembrano essere i principali fattori che sembrano aver facilitato un’assunzione piena, sia dei temi che degli apprendimenti progettuali, all’interno dell’agenda del welfare del territorio:

1. La relazione del progetto con gli organismi istituzionali della programmazione.

2. La visibilità politica, ovvero la capacità delle progettazioni di “farsi presenti” agli occhi degli amministratori locali.

3. Aver tematizzato, e percorso operativamente, spazi di trasformazione dei sistemi di welfare tradizionale attraverso modellizzazioni e introduzione di innovazioni operative.

4. La rilevanza dei temi assunti dal progetto in relazione alla storia del territorio e il fatto di essere già oggetto di investimento.

Ma cosa comporta l’inclusione nella programmazione zonale, e quali ricadute può generare il richiamo dei progetti all’interno dei documenti programmatori? Di fatto essa rappresenta una dichiarazione di intenti importante, che può avere ricadute operative nella possibilità di trovare spazi di sostenibilità concreta per il futuro e favorire la contaminazione di altri temi e altre policy, estendendo ad essi gli apprendimenti e i modelli sperimentati dai progetti.

La mappa del cambiamento nei territori

I progetti hanno tracciato una linea di demarcazione importante nella vita dei territori: c’è un “prima” e c’è un “dopo” i progetti Welfare in azione, e il “dopo” è in qualche modo diverso dal “prima”, perché i progetti hanno lasciato un segno. I cambiamenti che i progetti hanno portato sui territori sono tanti, diversificati, a volte molto evidenti e a volte solo accennati, alcuni già fortemente radicati, altri ancora in una fase di attecchimento.

Si possono complessivamente suddividere in quattro grandi famiglie: cambiamenti relativi all’assetto di governance delle politiche territoriali; cambiamenti relativi all’introduzione di significative modifiche e innovazioni nei sistemi di offerta; cambiamenti connessi al radicamento di una prospettiva generativa e comunitaria come nuova lente di lettura e leva di intervento, capace di intercettare nuovi target, anche attraverso l’attivazione dei cittadini; cambiamenti che riguardano l’assunzione di un’ottica ricompositiva riguardo a strumenti, risorse e strategie, costruendo connessioni tra le diverse fonti e tra politiche locali, regionali e nazionali.

Per ognuna di queste famiglie, che sono coerenti con le finalità assunte fin dalla prima edizione da Welfare in Azione, la ricerca ha consentito di identificare sia gli aspetti rispetto a cui il processo trasformativo sembra essersi realizzato, più o meno diffusamente a seconda dei territori, sia le aree rispetto a cui invece – spesso nonostante gli sforzi profusi – i cambiamenti apportati ai sistemi locali non appaiono ancora radicati in forma sufficientemente solida. Questi ultimi dunque costituiscono sfide ancora aperte, che i territori possono assumere come spazi di sviluppo, anche in relazione alla nuova programmazione dei Piani di Zona in corso in questi mesi.

Nuovi assetti di governance

Dal punto di vista degli assetti di governance, la principale ricaduta che viene registrata dai territori riguarda l’ampliamento e il consolidamento di reti e relazioni tra soggetti pubblici e soggetti privati, anche attraverso la diffusione di pratiche di coprogettazione e di coprogrammazione

per nuove misure e progetti, sostenute dal diffondersi dei relativi strumenti normativi e amministrativi, a partire dal Codice del terzo settore. Queste costituiscono un’opportunità importante, poiché la grande sfida è data dal passaggio da un contenitore ampio (il progetto pluriennale) quale cornice entro cui agire in modo flessibile, al ritorno a prassi organizzative e interorganizzative che richiedono maggiore rigidità nell’utilizzo delle risorse e nell’avvio di nuove collaborazioni e dove la coprogrammazione e la coprogettazione possono costituire opportunità rilevanti.

Un altro obiettivo di rivisitazione e trasformazione dei sistemi di governance territoriali, era legato alla messa a sistema di nuovi luoghi di governo come luoghi di analisi dei bisogni e coordinamento in merito a interventi e misure, caratterizzati dalla partecipazione congiunta di enti pubblici e privati, in continuità con le relazioni di partenariato, di rete e/o le esperienze di regia e co-coordinamento dei progetti. Luoghi che però oggi sono ancora poco regolamentati e istituzionalizzati, e non sempre possono appoggiarsi a mandati chiari e formalizzati ed esercitare quindi in forma completa un potere decisionale.

Anche guardando al coinvolgimento dei soggetti non convenzionali nei sistemi di welfare (ad es. soggetti privati, banche, aziende, etc), nei territori si registra un crescente senso di appartenenza e responsabilità da parte dei soggetti non convenzionali nei confronti del sistema di welfare, concretizzato in particolare in forme collaborative e/o di erogazione di risorse (economiche e non solo). Non si è però ancora compiuto il salto trasformativo nella direzione di stabilizzare e formalizzare la partecipazione ai sistemi di welfare territoriale da parte di questi soggetti, che restano dunque ancora periferici ai sistemi di governance locali.

Innovazioni nei sistemi di offerta

Guardando al segno lasciato da Welfare in Azione rispetto all’articolazione dei servizi, alle metodologie di intervento e dunque all’offerta di interventi e servizi che raggiunge i cittadini, molti sistemi territoriali, spesso bloccati da anni in architetture rigide, grazie agli input di WIA sono riusciti a innescare diversi cambiamenti, che guardano a:

  • un decentramento del welfare, in cui i servizi istituzionali vengono integrati da luoghi più informali e accessibili e in cui il ruolo di centralizzazione dell’ente pubblico si riduce;
  • un rafforzamento della capacità generativa e in alcuni casi restitutiva degli interventi di supporto alle persone;
  • un ripensamento del welfare quale strumento in grado di leggere nuovi bisogni e di estendere la platea dei beneficiari a favore di tutti i cittadini;
  • un coinvolgimento dei cittadini e della comunità territoriale nel farsi promotori di occasioni di rafforzamento delle relazioni e di sostegno leggero e informale.

Allo stesso tempo, sperimentando attraverso i progetti un approccio generativo e comunitario, sono cresciute le competenze e i territori hanno ritrovato – in forme nuove – quella prospettiva di azione preventiva e promozionale

che li aveva caratterizzati diverso tempo fa, poi schiacciata dalla pressione dell’emergenza e dalla riduzione delle risorse dell’ultimo decennio. Alcuni territori in particolare sono riusciti a strutturare e formalizzare, all’interno di questa cornice di riferimento, nuovi strumenti e metodi di lavoro: équipe multiprofessionali e multiorganizzative; griglie di osservazione e assessment; strumenti di intervento con i beneficiari. In questi casi gli apprendimenti derivanti dai progetti sono riusciti a cristallizzarsi nel lavoro dei servizi, formalizzando nuove procedure, strumenti e modelli e rendendo effettivamente tangibile e (possiamo ipotizzare) duraturo nel tempo il cambiamento realizzato.

In quasi tutti i territori queste trasformazioni sono state anche legate all’introduzione di nuove figure professionali, o alla rivisitazione di professionalità abituali del welfare, il cui ruolo è stato riletto alla luce delle novità introdotte: attivatori di reti, facilitatori di comunità, coach e educatori finanziari, assistenti sociali che rivedono le proprie funzioni e competenze in una prospettiva comunitaria. Oggi molti danno continuità alle attività grazie alla prosecuzione di alcune azioni ma ancora non sembra trattarsi di un vero e proprio radicamento in termini trasformativi. Il salto che può consentire il loro inserimento strutturale nei sistemi territoriali dipende principalmente dalla capacità di mantenere nel tempo lo sguardo su nuovi bisogni e sulle continue necessità di rinnovamento e ridefinizione del sistema di offerta.

Nuovi target e cittadini attivi

La terza area di cambiamento riguarda l’estensione del welfare a nuove fasce di cittadini: molti progetti hanno lavorato in una logica di estensione del welfare, intercettando fasce di popolazione che non accedono abitualmente ai servizi pur trovandosi in condizioni di bisogno a cui il welfare territoriale potrebbe dare sostegno e accompagnamento: persone con condizioni di vulnerabilità o di fragilità, famiglie con necessità aggregative e compiti di cura, giovani che devono accedere al mondo del lavoro. Molti di questi nuovi target sono oggi considerati destinatari delle politiche locali, anche grazie all’incontro con nuove misure (ad es. dal livello regionale o nazionale, uno per tutti il Reddito di Cittadinanza) che hanno rafforzato le sperimentazioni.

Dunque oggi, in molti territori, il welfare locale è un sistema maggiormente esteso e rivolto a un numero maggiore di cittadini

Elemento centrale, questo, anche in relazione alla estesa condizione di crisi economica e di fragilità dettata dall’emergenza sanitaria. Come anticipato in un precedente articolo, nuove fragilità incontrano sistemi e servizi più pronti a leggere i nuovi bisogni e a fornire risposte rapide e flessibili.

Dal punto di vista del coinvolgimento della comunità e dell’attivazione dei cittadini nell’ideazione e realizzazione di interventi di welfare, i progetti hanno lasciato sui territori esperienze e dispositivi di ascolto, coinvolgimento e attivazione dei cittadini che oggi stanno diventando una parte importante del sistema, anche grazie al diffondersi di pratiche e esperienze di coprogettazione e di amministrazione collaborativa: bandi di attivazione di pratiche di mutuo aiuto tra cittadini, luoghi di coprogettazione e co-produzione di spazi di incontro, aggregazione, supporto, etc.

Si è verificata ancora poco, invece, un’attivazione dei beneficiari in senso strettamente generativo, mantenendo di fatto una sorta di separazione tra cittadini-risorsa e cittadini-utenti. Nonostante diversi progetti abbiano strutturato strumenti e metodologie di lavoro che muovono in questa direzione, promuovendo attivazione e restituzione alla comunità da parte dei percettori di misure e sostegni, questo sembra essere un ambito che necessita ancora di riflessioni, sviluppo e lavoro.

Ricomposizione delle risorse

I territori sono riusciti fino ad ora a far convergere sulla prosecuzione delle azioni dei progetti diverse risorse, strettamente connesse alla tipologia di oggetti e di reti attivate: risorse locali, risorse regionali, risorse nazionali ed europee.

Dunque un processo ricompositivo delle risorse e degli interventi, secondo la logica di connettere e dare coerenza all’utilizzo delle diverse risorse disponibili intorno a obiettivi comuni, c’è stato ed è tutt’ora in corso

Una ricomposizione complessa e difficile, perché fondata su risorse discontinue, spesso non strutturali e che possono variare anche significativamente di anno in anno, richiedendo quindi un processo continuamente rimesso in discussione.

Per dare continuità alle azioni sono state anche valorizzate risorse provenienti da enti privati, in particolare derivanti da Fondazioni, territoriali e non. Si evidenzia però poco l’articolazione di sistemi capaci di mantenere nel tempo la valorizzazione e la messa a sistema di risorse derivanti da enti privati for profit del territorio, che in assenza di un contenitore riconoscibile risulta più difficoltosa, oppure corre il rischio di essere variamente frammentata in diversi piccoli interventi e scarsamente riconducibile ad una strategia territoriale. Guardando, infine, alle risorse dei cittadini, al di là di pochi territori che riescono a portare avanti – a volte anche con successo – le attività di fund raising, non si sono sviluppate forme di compartecipazione alla spesa attraverso domanda pagante.

Lasciare tracce

In conclusione, dalla ricerca è possibile segnalare i principali fattori che sembrano aver facilitato, complessivamente, la capacità dei progetti di lasciare una traccia nel welfare territoriale, tanto dal punto di vista della programmazione, quanto delle scelte strategiche di intervento e di governance. Cosa conta, dunque, rispetto alla capacità dei progetti di incidere in modo trasformativo sul sistema di welfare locale?

  • Quanto i temi assunti dal progetto fossero già precedentemente nell’agenda politica del territorio e, per diretta conseguenza, il grado di ingaggio dell’ente pubblico. Questo non necessariamente deve assumere il ruolo di capofila, che può essere efficacemente giocato anche da altri soggetti, ma è imprescindibile che assuma un ruolo di primo piano nel tracciare linee di continuità tra la storia e la lettura dei bisogni del territorio e gli esiti del progetto.
  • Quanto gli approcci, le tematiche e gli interventi sperimentati dai progetti abbiano incontrato elementi di sostegno o modalità di aggancio e rilancio nelle misure o nelle politiche regionali o nazionali, trovando così respiro, risorse, spazi di continuità e riflessione aggiuntivi. Esempio di ciò è la felice connessione tra le sperimentazioni nell’area della vulnerabilità e delle nuove povertà con la messa a sistema del Reddito di Cittadinanza.
  • Quanto abbiano assunto la trasformazione del sistema di welfare tra gli obiettivi progettuali e non solo come una delle ricadute possibili e inattese. Questo significa investire energie e risorse in modellizzazioni, formazione di nuove competenze, ridefinizione dei servizi, degli strumenti e delle modalità operative, ripensamento dei dispositivi di governance. Difficilmente si tratta di processi che avvengono se non sono prima adeguatamente pianificati.
  • Quanto siano riusciti a mantenere gli approcci e gli obiettivi di cambiamento al centro del dibattito pubblico, dando visibilità a soggetti, processi e reti attivate, anche grazie alla brandizzazione del progetto, e a coinvolgere la parte politica nell’assunzione di responsabilità e impegni per la prosecuzione.
  • Quanto, perseguendo prospettive innovative di incrocio e contaminazione con altre aree di policy (lavoro, casa, scuola), siano riusciti ad estendere la partecipazione e l’attivazione anche da parte di altre agenzie, mantenendo però la titolarità del progetto in capo a un settore specifico che ne assume la responsabilità anche riguardo alle ricadute sul lungo periodo.