“Sarebbe disposto per trovare lavoro o per fare carriera a trasferirsi lontano dal suo domicilio abituale? “, “Se è alla ricerca della sua prima occupazione, può dirci quali sono le sue aspettative di trovare un lavoro?”. 34 domande per capire condizioni, realtà, aspettative e sogni dei giovani nei confronti del lavoro in un Paese in cui sono proprio gli under 30 a pagare il prezzo più caro dello shock del Covid-19, ma in cui le disuguaglianze occupazionali hanno radici più lontane perché, se nnell'Ue un giovane su sette non è occupato, né frequenta un corso di istruzione o di formazione, in Italia siamo vicini a uno su quattro.
Più di 1100 giovani hanno risposto al questionario di Segni di Futuro, il progetto-sostenuto dalla IV edizione del Bando Welfare di Comunità di Fondazione Cariplo-attivo in Valle Camonica con lo scopo di orientare i giovani al mercato del lavoro.
Racconta Antonio Molinari, referente per Segni di Futuro dell’Osservatorio di Comunità, una delle azioni del progetto, sviluppata per accrescere la conoscenza e la comprensione da parte dei giovani delle opportunità lavorative, favorire una maggiore informazione sullo sviluppo socio-economico del territorio e per svolgere attività di orientamento, non solo informativo, ma anche relazionale ed esperienziale.
L’obiettivo era indagare la condizione occupazionale dei ragazzi dai 18 ai 30 anni del nostro territorio, perché non esistevano dati di questo tipo, capire la percezione che hanno nei confronti del lavoro, le difficoltà e le aspettative. Volevamo offrire una lettura della situazione occupazionale ma anche delle aspirazioni dei giovani, per avere il loro punto di vista e per poter indirizzare le politiche territoriali
Anche se i dati saranno pubblicati a marzo, dal questionario sono emerse alcune macro-tendenze: «Il dato della disoccupazione nel nostro territorio non è drammatico rispetto alla media del Paese, ma la qualità del lavoro è bassa. La condizione dei giovani è quella prevalentemente di lavoro dipendente e i ragazzi sono costretti ad accettare la prima offerta, anche se spesso non è adeguata al proprio titolo di studio. Nell’incertezza i ragazzi prediligono la stabilità, c’è poca propensione all’imprenditoria, anche intorno ai 30 anni, e di conseguenza poco sviluppo. I giovani della Valle Camonica si danno da fare e non c’è abbattimento, ma chi sceglie di andare via fatica a tornare perché sa che difficilmente troverà un’occupazione in linea con i propri studi e con le proprie aspettative».
L’indagine è stata realizzata grazie anche all’aiuto di 10 giovani che a vario titolo hanno partecipato alle iniziative di Segni di Futuro e si è conclusa il 4 gennaio, continua Antonio Molinari:
È stato un vero e proprio progetto di rete. Nel coordinamento mi hanno affiancato due ragazze che avevano fatto esperienza nei Laboratori di Competenza e dieci giovani sono stati coinvolti nella raccolta dei dati.
La nostra scelta è stata quella di affidare a loro il compito di trovare i partecipanti all’indagine: ad ognuno è stato assegnato un pacchetto di 50 giovani che dovevano individuare, contattare personalmente e a cui dovevano somministrare il questionario
L’indagine è diventata un “pretesto” per parlare insieme di lavoro, per cercare di capire che cosa pensavano gli altri ragazzi, l’indicazione era quella di non farli sentire “dei bancomat di dati”. Abbiamo deciso di non lanciare il questionario sui social e ogni contatto è diventato un vero “Porta a Porta” o “Smartphone a Smartphone”
Circa 300 ragazzi sono stati contattati anche attraverso la collaborazione con gli Istituti scolastici del territorio. Il messaggio di Segni di Futuro era mostrare che una persona della stessa età e non un istituto di statistica si occupava di un problema comune. Abbiamo cercato di dare un “colore ai numeri”, di creare un’esperienza di condivisione».
Susy Moreschi, 24 anni, è una delle ragazze che ha gestito il coordinamento dell’indagine: «Con Segni di Futuro avevo partecipato ai Laboratori di Competenza e all’organizzazione di eventi legati alle tematiche del lavoro. Il progetto dei questionari mi ha coinvolto molto perché mi ha dato la possibilità di uscire “dalla mia bolla”, di cambiare la mia prospettiva. Mi sono accorta che frequentando solo giovani che fanno l’università come me, persone che hanno vite simili alla mia, non avevo molto chiara la realtà dei giovani nel mio territorio. Nonostante la situazione attuale, non ho visto ragazzi troppo scoraggiati o che non si danno da fare, però mi ha colpito il fatto che chi studia ha poche aspettative di trovare un lavoro interessante nella Valle e in generale un po’ la mancanza di sogni lavorativi, come se ci si dovesse sempre accontentare. Per quanto riguarda il questionario, è stato bello perché abbiamo creato tanti rapporti, è piaciuto molto, i ragazzi avevano voglia di raccontarsi e di parlare dei propri problemi.
E io? Studio a Bologna Geografia dei Processi Territoriali, ma sono affezionata alla mia valle. Se ci fosse l’opportunità mi piacerebbe restare qui a vivere, però voglio fare il lavoro che mi piace, sarebbe bello non dovermi accontentare