Un lavoro competitivo, con un salario adeguato. Nel mercato del lavoro libero e non in ambienti protetti. È possibile per tutti, anche per le persone che soffrono di disturbi mentali importanti.
Ci crede Recovery.Net, un progetto di Welfare di Comunità sostenuto da Fondazione Cariplo che, nelle provincie di Brescia e Mantova, opera per aiutare le persone con disagio psichico, in collaborazione con le risorse sul territorio, ma al di fuori dall’istituzione psichiatrica. E i risultati hanno dato ragione all’intuizione di Recovery.Net, come ci racconta Cinzia Penna, responsabile dei progetti sperimentali a Mantova: «la pratica IPS, acronimo di Individual Placement and Support (in italiano, affiancamento alla ricerca attiva del lavoro) è una tecnica per supportare la ricerca attiva del lavoro pensata per persone con patologie mentali gravi. È nata negli Stati Uniti e in Italia è stata utilizzata per la prima volta da alcuni psichiatri emiliani che si sono poi costituiti nell’associazione IPSilon che valida il metodo.
Si tratta di un approccio fortemente innovativo perché ha l’obiettivo di inserire le persone che soffrono di patologie psichiatriche importanti nel mercato del lavoro libero, con un salario competitivo al pari di tutti gli altri cittadini
Prima di IPS, nei nostri servizi eravamo abituati ad un approccio più graduale: la persona prima veniva inserita in un centro diurno, poi in qualche attività per occupare il tempo, poi in esperienze di socializzazione in ambienti di tipo lavorativo. A quel punto si potevano attivare tirocini, eventualmente inserimenti lavorativi, quindi un'assunzione che spesso avveniva in ambienti protetti. Un approccio di questo tipo dura spesso molti anni, con percentuali molto basse di efficacia. E c’è sempre un ente terzo a fare da mediatore e anche a pagare lo stipendio».
Il metodo IPS rivoluziona tutto lo schema: si incontra la persona, si forniscono gli strumenti utili e le competenze per cercare attivamente un lavoro (dalle modalità di ricerca, alla compilazione del cv, alla conduzione di un colloquio, ecc.) e subito si inizia a cercare nel mercato libero.
Cinzia Penna spiega nel dettaglio come funziona: «È l’utente dei servizi che chiede di essere inserito nel percorso. A quel punto, si parte dalle preferenze della persona, nessun lavoro è escluso. Faccio un esempio: un utente vuole fare il giornalista. L’operatore non dirà mai: “non hai le competenze per farlo”, ma agisce da stimolo e lo aiuta ad evidenziare i dati di realtà: si guardano insieme le offerte di lavoro, se ne esistono per quell’impiego, si controllano i requisiti. È la persona stessa nel confronto con la realtà a rendersi conto se è in grado di farlo o se esistono offerte per la professione che ha scelto. Prima di IPS era l’operatore che cercava al posto della persona, qui si limita ad agire da stimolo. Un’altra caratteristica del metodo è che la ricerca deve essere molto rapida, perché è nella prima fase che si capisce il grado di motivazione della persona. Se non rispetta i primi appuntamenti con l’operatore significa che la motivazione non è alta.
I tempi veloci, da quando la persona richiede di entrare in questo percorso al primo appuntamento sono legati a mantenimento di un alto livello motivazionale. Poi in back office si iniziano le simulazioni dei colloqui di lavoro, sia offline che online, per abituarla a tante situazioni, per imparare a gestire l’ansia. Un’altra caratteristica dell’IPS è che l’utente è libero di mettere in evidenza o meno con il datore di lavoro la sua patologia, non esiste un obbligo di informare l’azienda. Mi piace questa immagine: il tirocinio era come un viaggio in passeggino, in cui l’operatore accompagnava gli utenti nelle aziende, qui l’utente cammina da solo e l’operatore rimane tre passi indietro».
Molte persone grazie a IPS sono riuscite a camminare da sole: «Abbiamo fatto la prima formazione IPS nel 2018, poi siamo partiti con la sperimentazione a Mantova, in pieno lockdown a marzo 2020. Abbiamo appeso manifesti che promuovevano il metodo nei CPS: “Stai cercando lavoro? Frequenti il servizio di salute mentale di Mantova? Compila il volantino”
Devo dire la verità, all’inizio eravamo scettici, anche considerato il momento storico. Ma siamo stati subito contattati da 17 persone e a luglio le persone che avevano trovato lavoro erano 6. Siamo rimasti sbigottiti: è vero, avevamo studiato il metodo, avevamo letto libri e fatto un sacco di formazione, ma su una tecnica che escludeva qualunque forma di mediazione e includeva qualunque patologia avevamo delle perplessità anche noi operatori. Invece funzionava veramente
Nell’autunno 2020, visti i risultati di Mantova, Recovery.Net decide di sperimentare IPS anche a Castiglione: «E anche in questo caso ha funzionato. Questi sono i numeri: a Mantova da marzo 2020 a oggi ci sono state 48 richieste, 37 prese in carico, 28 percorsi attivati e 18 assunzioni. A Castiglione da dicembre 2020 a oggi le richieste sono state 30, 27 le prese in carico, 18 percorsi attivati e 8 assunzioni. In 13 casi si trattava di contratti di almeno un anno. Noi, dopo l’assunzione, per 12 mesi continuiamo a monitorare le persone e se lo desiderano continuiamo ad affiancarle anche dopo. Alcuni hanno mantenuto il rapporto con l’operatore, altri hanno deciso di prendere strade autonome. Ognuno è libero di fare come vuole».
Tra le persone che hanno fatto il percorso IPS e che poi hanno trovato lavoro, soprattutto nella grande distribuzione, nel settore agricolo, nell’artigianato, nell’edilizia, ma anche con mansioni di segretariato, c’è Luca Manea, 23 anni, che inizierà la settimana prossima a lavorare in un acetificio: «Non amo gli impieghi a contatto con il pubblico, sono un tipo che sta nel suo angolino. Prima di trovare questo posto ho fatto un po’ di colloqui, all’inizio mi davano ansia perché uscivo dalla mia comfort zone. Ho avuto la sensazione che alcuni siano andati bene ma non sono stato richiamato, questa volta ha funzionato. Adesso inizierò a lavorare come facchino nell’acetificio, comincio con quattro ore al giorno, poi si vedrà. La mia soddisfazione più grande sarà non dover chiedere più soldi a mia madre e poter dire: questo denaro l’ho guadagnato io».