«È un’esperienza bellissima, c’è chi fa yoga, o meditazione, io al Repair Café ho trovato il mio momento di pace. Vorrei che ce ne fosse uno in ogni quartiere». Paola Argenzio è un’insegnante di scienze, ma è anche una appassionata di restauro e decorazione e una volontaria del Lab-Barona Repair Cafè, lo spazio aperto dal progetto Milano 2035 nell’ambito del programma Welfare di Comunità di Fondazione Cariplo.
Al Repair Café si dà “nuova vita agli oggetti, ma anche alle relazioni umane” e “Scambia, ripara, trasforma e condividi” è l’invito che trova chi visita il sito del Lab Barona-Repair Cafè.
Abbiamo chiesto a Giada Mascherin, operatrice del progetto Milano 2035, che offre a studenti e giovani lavoratori opportunità di alloggio a prezzi moderati proponendo un nuovo modo di abitare, basato sulla condivisione e la solidarietà tra abitanti e vicini di casa, di raccontarci come è nato: «inizialmente quelli che abbiamo chiamato “touch point”, aperti al Gallaratese e a Cinisello Balsamo, erano luoghi fisici che funzionavano da sportelli informativi di orientamento per incrociare domanda e offerta sulle possibilità abitative di Milano 2035 e sulle azioni del progetto. Tra queste, c’è anche “Celocelo”, dedicata al dono e al recupero di mobili, per aiutare i giovani non solo nella ricerca di soluzioni abitative accessibili, ma anche nell’arredo della casa». Continua Giada: «poi si è liberato un grande spazio al Villaggio Barona ed è diventato il terzo touch point del progetto. Era molto grande e ci dispiaceva non sfruttarlo bene, così una parte l’abbiamo trasformata in un magazzino dove custodire i mobili donati. E abbiamo aperto il “Repair Café”, un laboratorio di attrezzi dove diamo nuova vita agli oggetti regalati, ma che può essere utilizzato anche dagli abitanti del quartiere o da chi lo desidera per sistemare i propri oggetti o arredi.
È un vero e proprio “laboratorio degli attrezzi di comunità”, un luogo aggregativo dedicato all’economia circolare ma anche alla costruzione di relazioni
Gli operatori di Milano2035 con il furgone o con la cargo bike selezionano e ritirano i mobili donati e i volontari si alternano nel Repair Café. Tra di loro c’è un abile signore in pensione che si occupa delle riparazioni elettriche e poi c’è Paola Argenzio, che ormai è una presenza fissa ogni venerdì: «Non conoscevo il Repair Café, l’ho scoperto su Facebook per caso. Insegno scienze alle superiori, ma il restauro di mobili usati è da sempre una mia passione. Nella call si cercavano volontari e mi è sembrata subito un’idea giusta per me: un cocktail perfetto di arte, attenzione all’ambiente e condivisione
Più che volontariato lo chiamerei piuttosto un auto-volontariato perché mi fa stare bene, è il posto per coltivare quello che mi piace fare, per accogliere e stare insieme agli altri, perché è aperto a tutti: ci sono i volontari, i ragazzi che cercano i mobili, ma anche la signora che va a farsi una passeggiata nel quartiere ed entra a curiosare
Paola ormai ha le chiavi, apre il Repair Cafè ogni venerdì alle dieci e ritorna a casa la sera: «all’inizio mi ero resa disponibile solo per la mattina, ma il tempo per fare tutto non bastava: ci sono le persone che donano i mobili da accogliere, bisogna organizzare il magazzino e la consegna ai ragazzi che ne fanno richiesta. E poi ci sono oggetti e arredi da recuperare, personalizzare, decorare. C’è l’area della falegnameria, che è quella che amo di più. E le attività da portare avanti: organizziamo laboratori di restauro e decorazione, corsi di stampante 3d, che vorremmo ora proporre anche ai bambini. E stiamo pensando anche di organizzare un corso di recupero abiti. Coinvolgiamo persone della nostra rete, tramite le associazioni di quartiere, attraverso i social, siamo sempre alla ricerca di gente che voglia mettere a disposizione la sua esperienza. Il laboratorio è proprio su strada ed è bellissimo perché succede spesso che qualcuno entri anche per caso. È uno spazio libero e aperto che ha reso felici le persone del quartiere, collocato in un’ex zona difficile e in un’area dove adesso c’è tutto quello che serve. Non a caso si chiama Villaggio Barona: ci sono una libreria e anche un bar, molto frequentato dai ragazzi che abitano le residenze». Come Miriam Pepe, una giovane architetta pugliese trapiantata a Milano, insieme al suo ragazzo vive ad “Appennini Home”, una delle soluzioni a prezzo calmierato per i giovani dai 20 ai 35 anni di Milano 2035: «Nell’alloggio che ci è stato assegnato quando abbiamo vinto il bando c’era solo la cucina, al Repair Cafè abbiamo trovato l’armadio, le sedie per il soggiorno, un mobile per il bagno, una scrivania, il comodino, uno specchio
È stata davvero una fantastica base di partenza perché, anche se vai all’Ikea, per arredare una casa intera la spesa non è indifferente e poi alla nostra età non sai dove la vita ti porta, non ha senso comprare tutto. E poi c’è l’aspetto dell’attenzione all’ambiente, della circolarità che per me è una filosofia di vita: non compro il nuovo se esiste un usato che posso utilizzare