Promuovere il lavoro con l’obiettivo di dare risposte alla marginalità sociale. Nasce per questo Valoriamo, uno dei progetti della quarta edizione del bando “Welfare di comunità” di Fondazione Cariplo che è intervenuto sul territorio della provincia di Lecco. In quattro anni di attività ha coinvolto più di 500 beneficiari e di 190 aziende.
Anna Di Nardo, responsabile del progetto, ripercorre gli obiettivi iniziali del progetto: «Nel nostro territorio c’era già un’ottima base di partenza che permetteva di innovare e sperimentare, dovuta ad una lunga storia di coprogettazione tra Terzo Settore e pubblico, ma sul tema lavoro gli interventi erano ancora frammentati e non molto connessi, anche a livello di risorse complessive destinate al tema dell’inclusione lavorativa. Il progetto è nato quindi anche con l’obiettivo di fare sistema su questo fronte, ricomponendo le economie, e per questo motivo è stato aperto un Fondo dedicato presso la Fondazione Comunitaria del Lecchese. Ma la sfida più grande era proprio quella di creare una circolarità che permettesse di generare nuovo lavoro grazie al lavoro stesso. Abbiamo provato a farlo connettendo il welfare territoriale e il welfare aziendale, aprendo quindi uno spazio di lavoro nuovo e potenzialmente molto interessante con soggetti del mondo profit, come le imprese e le associazioni di categoria, da parte di un Terzo Settore che aveva poca familiarità con questi attori». Prosegue Di Nardo: «il tema del welfare aziendale è stato visto dalla rete di partner e firmatari dell’Accordo di rete come una grande opportunità per arrivare alle imprese e ai lavoratori con una proposta locale e a KM0, che potesse ricomprendere nell’offerta anche tutti quei servizi erogati dal terzo settore in risposta ai bisogni dei lavoratori, per esempio in tema di conciliazione vita-lavoro (servizi per bambini e minori, per anziani, salvatempo, maggiordomo aziendale, …). Grazie alla scelta di un partner tecnico, TreCuori, già utilizzato da ConfArtigianato e da API per i piani di welfare aziendale delle loro associate e alla stesura di un accordo territoriale, si sono generate nuove economie proprio dai “transati” di welfare aziendale, donazioni sul Fondo per progettare azioni per includere sempre più persone nel mondo del lavoro».
Nel 2020 tuttavia arriva la pandemia: le aziende chiudono o rallentano, le contrattazioni contrattuali con i sindacati si bloccano e Valoriamo ha bisogno di ripensare alle proprie azioni e ai propri obiettivi.
Che cosa è accaduto che non era stato previsto? Per il progetto la pandemia ha rappresentato un grandissimo scoglio nell’interlocuzione con il mondo imprenditoriale: le aziende in quel momento avevano altre priorità, ma anche le stesse associazioni di categoria e di rappresentanza avevano le mani legate. Tuttavia, questo grande mutamento inaspettato ha permesso a Valoriamo di adattarsi: infatti, una delle azioni “sostitutive” più importanti è stata quella di sfruttare le potenzialità della piattaforma di welfare aziendale per erogare risorse pubbliche e/o di altri Fondi, come “Aiutiamoci nel lavoro”, in un momento in cui era fondamentale sostenere alcune categorie di persone con contributi ad hoc stanziati a livello locale ma anche nazionale, in maniera sicura e veloce via web. Un’azione che abbiamo chiamato “welfare pubblico” e che ha permesso di inserire il tema del digitale nel progetto, sia per l’erogazione di risorse ma anche per il coinvolgimento del territorio: infatti, i contributi sono stati dati anche sotto forma di Buoni Spesa utilizzabili oltre che nella Grande Distribuzione Organizzata, anche nei piccoli negozi di vicinato (alimentari, farmacie, cartolerie), mantenendo la caratteristica di circolarità e KM0 di Valoriamo (guarda il video sui Buoni Solidali con il Comune di Lecco).
Quali sono state le principali difficoltà? Per quanto riguarda il welfare aziendale la pandemia ha rappresentato un impedimento importante, ma in realtà l’azione era molto complessa già in origine e con necessità di una visione prospettica lunga: entrando in relazione con le imprese ci siamo infatti accorti che il tema è ancora molto poco “masticato” e che ha bisogno di entrare pian piano nell’orizzonte degli imprenditori, ma anche degli stessi lavoratori, che tendono ancora a preferire un contributo diretto in busta paga rispetto ad un credito utilizzabile per i servizi. Da questo punto di vista, il concetto di Welfare Point, ossia di un punto di informazione, sensibilizzazione e orientamento sul Welfare Aziendale studiato ad hoc con le imprese può essere un elemento di svolta. È il caso di Silea, una società interamente pubblica, tra i principali operatori del ciclo integrato dei rifiuti e dell’economia circolare presenti in Lombardia e che ha aderito alla proposta di Welfare Aziendale targata Valoriamo. «Abbiamo voluto individuare un partner che avesse una forte vocazione sia sociale che territoriale: in questo modo riusciamo ad affrontare i bisogni dei nostri dipendenti e rafforziamo ulteriormente il rapporto tra la “comunità di Silea” e la comunità locale”» spiega il Direttore Generale, Pietro Antonio D’Alema. Insieme all’azienda e all’ufficio personale, il Corporate Manager di progetto ha studiato un questionario di rilevazione e lettura del bisogno dei lavoratori per costruire una proposta “cucita su misura” rispetto alla popolazione aziendale. Inoltre, si è attivato anche un Welfare Point aziendale: «si tratta di veri e propri punti di ascolto e informazione per i dipendenti, che potranno più facilmente conoscere opportunità già previste nel nostro piano di welfare e soprattutto disporre della consulenza di un professionista in grado di accompagnarli nell’individuazione della risposta più adeguata ai bisogni di carattere socioeducativo o assistenziale di cui possono avere bisogno» conclude D’Alema.
Tra tutte le innovazioni, qual è stata la più significativa? Sicuramente l’avvio di un pensiero e di una crescita di competenze territoriali (abbiamo infatti formato sportelli di diversa tipologia) rispetto al tema digitale. Anche attraverso la creazione della piattaforma territoriale PassparTU: un sito web dove sono stati caricati oltre 500 servizi forniti dal mondo non profit e che è stata molto utile per dare evidenza, per esempio, alle proposte relative alla conciliazione estiva (CRES, servizi di copertura ponti) e alla rete di commercianti aderenti ai Buoni Spesa Solidali.
In ambito inclusione lavorativa abbiamo sperimentato forme diverse sia di orientamento e di accompagnamento delle persone, sia di inserimento all’interno del sistema delle cooperative di tipo B. In questo senso, Valoriamo è stata un’officina importante per creare un approccio diverso, che provasse a lavorare anche sulla dimensione del gruppo, per esempio attraverso le iniziative di auto mutuo aiuto tra disoccupati (guarda il video dei gruppi “Amalav”) o ai gruppi di ricerca attiva del lavoro, ma anche sulla possibile fusione tra bisogni del territorio e bisogni delle persone: in questa direzione vanno tutte le formazioni concertate all’interno delle aziende (guarda il video sulla formazione di giovani camerieri di sala e operai metalmeccanici) con un alto fabbisogno di nuovi dipendenti, ma anche l’esperienza di RivePulite di questa ultima estate, perché è riuscita a lavorare contemporaneamente sulle persone e sui luoghi, sempre nel segno del circolare, del dare e restituire.
C’è una storia che più di ogni altra racconta la trasformazione che il progetto ha generato? Una storia molto recente ma anche emblematica è quella relativa a RivePulite (che abbiamo raccontato in questo articolo ndr), squadre di lavoro impegnate sui territori del lago per la pulizia e manutenzione di alcune spiagge e luoghi pubblici, composte da persone assunte ad una cooperativa di tipo B del territorio e altre invece con fragilità di tipo psichiatrico. La testimonianza di Marcello racconta bene il senso di questa esperienza: «Mi sono trovato benissimo con la squadra di lavoro, Rive Pulite ha dato un senso alla mia giornata. Anche i Comuni in cui abbiamo lavorato sono stati contentissimi, ci aiutavano e collaboravano con noi. Ci siamo occupati di spiagge dove nessuno passava da tempo e abbiamo pulito tutto e lasciato in ordine, spesso venivano da noi anche i passanti per ringraziarci e farci i complimenti. Ogni tanto ci davano una mano anche le persone che erano lì a prendere il sole: raccoglievano le bottiglie di vetro in acqua e le portavano a noi da smaltire. Mi è piaciuto anche quando sono arrivati i ragazzi dei CRES (Centri Ricreativi Estivi) perché erano curiosi e ci facevano un sacco di domande: quali spiagge pulivamo, perché lo stavamo facendo, come funzionava la raccolta differenziata dei rifiuti». Dalle parole di Marcello emerge il senso di un fare insieme per il bene di tutti, di una cura che può diventare un modo per fare comunità, coinvolgere persone e sensibilizzare sul tema del decoro. Ma ad affiorare è anche l’importanza di dare un’occasione a persone che erano fuori dal mondo del lavoro, per sperimentarsi e ricominciare a vedersi con occhi diversi.
E ora quattro anni dopo che cosa è cambiato grazie agli interventi? Per quanto riguarda l’inclusione nel mondo del lavoro, oltre alle azioni che ho raccontato, c’è ora un tavolo permanente di lavoro con le cooperative B e un modello di inserimento condiviso e sperimentato in varie iniziative che prosegue tuttora. Da questo punto di vista, anche la diffusione territoriale dello stesso Servizio Educativo al Lavoro è un cambiamento importante: si sta infatti procedendo nella direzione di un presidio su questo tema in tutti e tre gli Ambiti territoriali che costituiscono il territorio provinciale, sia del servizio vero e proprio, sia per di Punti Informatici Territoriali (PIT) che sostengono le persone nell’implementazione di competenze digitali per la ricerca del lavoro grazie all’attivazione di volontari.
Anche sul welfare aziendale in realtà, nonostante i risultati concreti inferiori alle aspettative, si stanno cogliendo frutti importanti: aziende che si avvicinano e interessano al nostro modello territoriale e anche le stesse cooperative sociali che iniziano a definire piani di welfare per attrarre nuovi lavoratori e fidelizzare gli attuali dipendenti, visto la grande emergenza del settore nel trovare nuovi operatori. Quello che è cambiato, anche se ha bisogno di essere ancora annaffiato e curato, è l’apertura di un dialogo tra mondo profit e non profit, che può contenere in sé diverse opportunità di sviluppo su molteplici fronti, tra cui la formazione e l’inserimento in azienda ma anche appunto attività consulenziali di altro tipo come quella rispetto al welfare aziendale.
Cosa resta sul territorio che prima non c’era? Oltre a quello che ho raccontato, rimane aperto anche il Fondo presso la Fondazione Comunitaria del lecchese, dove si continuerà a ricomporre le risorse dedicate al tema dell’inclusione lavorativa. Rimane tanto a livello di competenze interne su oggetti di lavoro specifici come quello del digitale e del welfare pubblico, che proseguirà anche all’interno del Fondo Aiutiamoci nel lavoro per tutto il 2024. Importante anche la continuità del Welfare Community Manager, sul territorio del bellanese, il nostro “tessitore” di relazioni: la gestione associata di questo Ambito territoriale ha ritenuto essenziale il lavoro svolto da Valoriamo in questi ultimi anni, anche in relazione al sostegno dato ai Comuni durante la fase difficile della pandemia e alla messa a terra dell’iniziativa RivePulite.
La partnership nata dentro a Valoriamo con le associazioni di categoria e in particolar modo con API Lecco Sondrio ci ha permesso di ampliare gli aspetti della collaborazione anche su altri progetti importanti in tema di inserimento al lavoro, come quello relativo al Bando di Fondazione Cariplo “Abili al lavoro”: già dalla fine del 2022 è stato coprogettato e aperto uno sportello informativo dedicato alle aziende sul tema della L.68.
In ultimo, segnalo anche un mutamento di approccio alla comunicazione: infatti, con PassparTU il progetto ha sperimentato una comunicazione continuativa e partecipata da tanti soggetti sulle buone pratiche territoriali rispetto a diversi temi in linea con gli obiettivi e le azioni di Valoriamo. È un lascito importante, perché ora il sistema riconosce l’importanza di raccontare e coinvolgere il territorio, valorizzando le diverse competenze ed esperienze.
Quali sono i progetti futuri a cui state pensando? Vogliamo continuare a coltivare la cultura del welfare territoriale e comunitario intrecciato con il tema del welfare aziendale nell’ottica di una circolarità sul tema del lavoro, per generare occasioni per chi rimane fuori dal mercato anche in relazione a elementi di fragilità e vulnerabilità. In questa direzione, abbiamo già una continuità rispetto a Rive Pulite, che i Comuni che si affacciano sul lago hanno riconosciuto come progettazione di grande valore per le proprie comunità. Vorremmo estendere la collaborazione ai Comuni limitrofi e anche veicolarlo su altri territori, tenendo al centro il decoro urbano e la cura dei luoghi come cura dei legami e portando avanti la linea caratteristica di Valoriamo: la vicinanza al territorio e alle persone.