Si chiama Recovery Co-Lab ed è stato inaugurato a Brescia i primi giorni di ottobre. È uno spazio informale di incontro e socializzazione che nasce per dare visibilità al tema della salute mentale, un laboratorio sperimentale dove prendono forma attività e iniziative:
Vorremmo essere un servizio di prossimità a metà strada tra il territorio e i servizi, intercettare bisogni di persone che non si sono ancora recate in un servizio specialistico. Per chi soffre di disagio mentale e per i famigliari, l’accesso ai servizi specialistici non è immediato, non solo per le attese, ma anche per i molti timori e lo stigma che ancora circondano la malattia psichica
Gianpaolo Scarsato è il coordinatore operativo di Recovery Net, uno dei progetti sostenuti dal programma “Welfare di Comunità” di Fondazione Cariplo. Una rete che investe le province di Brescia e Mantova-con Asst Spedali Civili come ente capofila-costituita da aziende sociosanitarie, cooperative sociali, università, associazioni di famigliari, utenti e cittadini che opera per aiutare le persone con disagio psichico, in collaborazione con le risorse sul territorio, ma al di fuori dall’istituzione psichiatrica. «Il tema centrale è quello della Recovery: trovare un significato alla propria vita nonostante i limiti dati dalla malattia. Creiamo spazi e occasioni per costruire una rete che permetta di trovare risorse e opportunità nella comunità locale, perché la salute mentale è un bene comune e un tema che riguarda tutti». Il Co-Lab di Brescia è stato aperto in un ex centro diurno per anziani in disuso nel quartiere San Polo, al piano terra, con affaccio su strada, in un condominio di 16 piani di edilizia popolare. Un luogo un po’ ai margini del tessuto cittadino che concentra diverse fragilità, ma anche altre realtà associative già presenti nel complesso, che offrono servizi di portierato sociale, spazi per le famiglie con minori rivolti alla gestione del tempo extrascolastico: «essere lì è molto importante per noi: sia praticamente che simbolicamente, perché è un modo per riqualificare lo spazio e contrastare il degrado e per intercettare i bisogni delle persone. Che non sono solo quelli dei pazienti ma anche dei molti famigliari che bussano da noi». Il Co-Lab è stato progettato insieme al Politecnico di Milano: «Abbiamo collaborato con l’Area di Design dei Servizi per la costruzione degli spazi, non solo come luoghi fisici ma anche da un punto di vista organizzativo. Ci hanno messo a disposizione metodologie e strumenti per gestire i workshop, strumenti innovativi per lavorare in gruppo. Ci hanno accompagnato nella definizione degli obiettivi e nella progettazione». E in questi mesi sono partite le attività di formazione, socializzazione e progettazione condivisa sui temi della salute mentale a cui, sia nella fase di realizzazione che in quella di progettazione, partecipano operatori, pazienti, famigliari e cittadini. Una delle attività che sono state attivate è la “Mappatura dinamica”: viene svolta in coproduzione tra pazienti e operatori con l’obiettivo di cercare e mappare le opportunità sul territorio
Il punto di partenza è che oltre ai percorsi di cura individuali e al supporto dei servizi, ci sono tante realtà che possono diventare risorse per chi sta facendo un percorso di recovery: reti di volontariato, enti attivi nel mondo del lavoro, associazioni, biblioteche. Quando un paziente manifesta l’esigenza di trovare una risorsa di questo tipo, ci confrontiamo nel gruppo e incontriamo le realtà e le cataloghiamo. In questo modo stiamo costruendo un catalogo delle opportunità a disposizione dei pazienti, che sono protagonisti del processo di costruzione della mappa fin dall’inizio
Le attività proposte si dividono per aree tematiche e riguardano l’ambito della salute, delle relazioni, l’ambito della “fiducia e dell’autostima”, e quello delle “abilità per la vita”. Ognuna di esse costituisce un’opportunità per i pazienti di vivere contesti di normalità e tessere relazioni con la comunità circostante, costruendosi nuovi punti di riferimento sul territorio, da coltivare anche in autonomia. Un’altra attività che viene proposta nel Co-Lab è quella del Recovery college:
sulla scorta dell’esperienza inglese, siamo convinti che si possa essere studenti del proprio benessere. Nel Recovery College vengono proposti corsi sul percorso di Recovery, sul tema della speranza, sulle abilità di base per gestire la propria vita, sulla gestione dell’ansia
I docenti sono esperti per professione, psicologi, psichiatri, ma anche Esp (Esperti in Supporto fra Pari), ovvero “esperti per esperienza”, pazienti che hanno trovato strategie personali per gestire la malattia e che trasformano la loro esperienza in apprendimento e supporto per altri pazienti». Giacomina Roveggio è una di loro, ha 72 anni ed è una maestra di scuola elementare in pensione. Nel 2004 ha iniziato a soffrire di depressione maggiore: «La mia fortuna è stata l’incontro con un medico che credeva nella Recovery e nelle mie possibilità di ricostruirmi una vita nonostante la malattia. Io all’inizio non ci credevo, quando si sta male si vede solo la fine e la si cerca come una liberazione. Ma lui ha avuto fiducia nei miei punti di forza che sono le mie passioni, la mia tenacia e la mia pazienza. È stato un percorso lungo e non facile, tra battute di arresto e ricoveri ma sono andata avanti. Adesso sono un’utente Esp, cerco di dare una mano a chi ha bisogno». Giacomina ha progettato diversi corsi del Recovery College, come “Conoscere comprendere e gestire i disturbi dell’umore” e “Guarire si può”: «Abbiamo pensato insieme ai contenuti ma anche alle modalità di gestione del gruppo, non si tratta di un corso cattedratico, ma aperto agli interventi e alla collaborazione dei partecipanti.
La malattia è un percorso che impegna tutta la vita ma io voglio trasmettere a chi si trova nel buio, a chi è disorientato la speranza che si può vivere una vita felice e piena anche con un disturbo mentale. Io non l’ho “letto da qualche parte”, porto la mia esperienza e sono la testimonianza che se questo percorso è stato possibile per me è possibile per tutti e che si può vivere al meglio delle proprie possibilità.
Ho capito e fatto molte cose grazie alla malattia: per esempio mettermi a correre. Insieme a un gruppo organizzato dal Centro di salute mentale ho iniziato a fare running e fino a prima della pandemia ho corso in diverse mezze maratone, chi l’avrebbe mai detto alla mia età?». In poco più di un mese al Co-Lab sono già successe molte cose, alcune organizzate, altre spontanee, come racconta Scarsato: «Il giorno in cui abbiamo fatto l’Open day è passato un signore che di hobby fa il fotografo e si è offerto per un’attività di fotografia sul tema della Recovery. Avere uno spazio flessibile e visibile rende facile e possibile innescare dinamiche che diventano generative. Dall’incontro casuale nascono opportunità e gli incontri si trasformano in progetti».