In viaggio verso l’autonomia

Fare sistema oltre l’accoglienza: i percorsi per l’integrazione delle persone migranti del progetto Mano a Mano

Data di pubblicazione: 16 Dicembre Dic 2021 1158 16 dicembre 2021

«Quando ero in Africa ascoltavo la gente dire: “Se vai in Europa, cambierà tutto”. Non sono arrivato in Paradiso, ma è davvero cambiato tutto. Perché quello che ho lasciato nel mio Paese è la sopravvivenza, qui ho avuto delle opportunità e le ho colte».
Al telefono ci sono Hamidou Barry, 24 anni, arrivato in Italia dalla Guinea su un barcone quattro anni fa, e Ciro Vajro, project manager di Mano a Mano, un progetto nato nel 2019 per migliorare il modello di accoglienza dei migranti nel lodigiano e in seconda battuta, per chi ha ottenuto una forma di protezione e desidera rimanere nel territorio, facilitarne il percorso di integrazione. Mano a Mano è sostenuto dalla quarta edizione del programma di Welfare di Comunità di Fondazione Cariplo: «Nell’area della post-accoglienza, lavoriamo su 4 assi: casa, lavoro, formazione, socializzazione» spiega Vajro:

non facciamo tutto da soli, perché non abbiamo le risorse per coprire tutti i bisogni ma anche perché l’obiettivo è di costruire una rete che lavora insieme a noi nell’ideazione, progettazione e realizzazione delle attività: questo è il modo per cambiare davvero il territorio

Ciro Vajro, project manager di Mano a Mano
Foto 2

Tra le varie azioni del progetto ci sono i Percorsi verso l’autonomia, dedicati a chi è già titolare di una forma di protezione, persone che sono già state accolte in strutture di accoglienza e che potenzialmente sono intenzionate a fermarsi sul territorio per un periodo medio lungo.
«Sono migranti che hanno abbandonato lo stato di migranti e possono finalmente immaginarsi in uno stato stanziale ma che, proprio per questo, devono emanciparsi da forme di assistenza per essere autonomi. Nell’esperienza della migrazione, questa è una fase molto critica.

Perché se hai ottenuto il permesso di soggiorno ma non hai una casa, non hai un lavoro e non hai strumenti per integrarti e allo stesso tempo non hai più diritto a un posto letto e al vitto, sei a rischio. Nei percorsi vero l’emancipazione il permesso di soggiorno non è la fase conclusiva ma un nuovo inizio

È anche in questa fase delicata - dove un successo rischia di trasformarsi in un fallimento - che interviene Mano a Mano: «L’obiettivo è sempre quello di attivare il territorio. Se ci arriva una segnalazione da un centro accoglienza che ci avvisa che stanno dimettendo una persona, noi ci mettiamo intorno al tavolo con gli enti e i cittadini che hanno avuto un ruolo nel suo percorso fino a quel momento (per esempio i datori di lavoro se questa persona sta facendo un tirocinio) e ovviamente con la persona stessa, per capire di che cosa ha bisogno, individuiamo gli obiettivi e scriviamo insieme un progetto individualizzato. Il nostro sostegno può essere di tanti tipi, dal contributo per la casa, o per corsi formazione, asili nido, per la patente». Un sostegno che non è solo di natura economica:

Soddisfare i bisogni primari non basta, anche con la casa e il lavoro si può essere molto soli. Per questo creiamo anche occasioni di socializzazione e di incontro insieme alla rete di cittadini volontari che sono stati coinvolti nei nostri progetti

Foto 3

Sono stati già realizzati sei progetti individualizzati e tre stanno per essere attivati. E di storie belle generate dal percorso ce ne sono molte, quella di Barry è una di queste. Il suo viaggio per fuggire da uno dei Paesi più poveri e instabili del mondo è iniziato più di cinque anni fa: «dalla Guinea sono scappato in Algeria, poi in Marocco, poi di nuovo in Algeria. Ho lavorato dovunque per risparmiare il denaro per pagare il viaggio fino in Italia, non potevo contare su nessuno perché mio papà è morto e mia mamma è malata. Nel 2017 sono riuscito a partire dalla Libia e sono sbarcato a Pozzallo. Da lì sono arrivato a Castelnuovo Bocca d’Adda e mi sono fermato in un centro di accoglienza». Nel centro di accoglienza, Barry inizia a studiare l’italiano: «ho capito subito che la prima cosa da fare era studiare la lingua, per vivere insieme bisogna comprendersi e io volevo vivere in Italia». Barry impara in fretta e, tramite il centro di accoglienza, ottiene un tirocinio nell’Officina L’Orto di Tutti, una cooperativa sociale che produce confetture, succhi e conserve dove Berry si occupa della logistica: «a quel punto mi mancava la casa, stavo bene nel centro di accoglienza e non mi dimentico quello che hanno fatto per me ma dovevo pensare al futuro». Tramite l’Officina L’Orto di tutti Barry trova un appartamento in condivisione, Mano a Mano lo sostiene nelle spese dell’affitto e del corso per la patente. Ma non solo: «Barry non vuole il minimo sindacale e noi vogliamo aiutarlo. Dopo la patente si vuole iscrivere a un corso di informatica e noi lo sosterremo» dice Vajro. Barry ha le idee chiare:

voglio fare un corso di informatica, aggiungere conoscenza, ma soprattutto avere la possibilità di scegliere. Oggi sono qui e sto bene, ma posso cambiare idea e se ho altre competenze trovare un altro lavoro è più facile. Più cose imparo, più possibilità ho di scegliere. Non mi fermo perché, anche se un po’ di fortuna ci vuole sempre, se una persona sta a casa la fortuna non lo troverà mai

Hamidou Barry
Foto 4
Foto 5